GROSSETO – «Negli ultimi anni il rapporto tra impresa e pubblica amministrazione ha acquisito una crescente centralità. La burocrazia è percepita come uno dei principali nemici della piccola impresa: la complessità e la mancata “proporzionalità” degli adempimenti alle dimensioni d’impresa sono diventati uno dei maggiori problemi». A parlare è Renzo Alessandri, direttore Cna che espone i risultati di un sondaggio tra le aziende. «Al riguardo, CNA, ha effettuato un sondaggio che ha coinvolto un campione di 2.400 imprese e che si è appena concluso. I risultati che ne sono scaturiti possono essere così riassunti e sintetizzati. Il 75,7% delle imprese (con meno di dieci addetti) ritiene che la burocrazia sia uno dei principali “freni” allo sviluppo della loro attività (nelle imprese con più di dieci addetti, tale percentuale scende al 68%). Per il 72% del campione la complessità degli adempimenti è il principale difetto della burocrazia. La difficile comprensibilità delle norme sottrae troppo tempo all’attività aziendale: il 41,8% delle imprese parla di a tre giorni al mese (24 ore lavorative) ma per il 30,7% si arriva addirittura a 5 (ben 40 ore).
Di conseguenza, affidare il disbrigo delle pratiche burocratiche a soggetti specializzati (associazioni di categoria o altri soggetti abilitati) diventa una scelta pressoché obbligata. La percezione su quanto realizzato in materia è scarsa e gli interventi di semplificazione amministrativa attuati negli anni della crisi sono considerati poco incisivi dal 75% delle imprese; Il livello di informatizzazione delle PA è ritenuto inadeguato da circa il 53% di queste: solo un’impresa su tre riesce a sbrigare la metà delle pratiche per via telematica. Gli imprenditori assumono la riforma della Pubblica Amministrazione come uno degli obiettivi prioritari. La maggiore informatizzazione della PA è associata, infatti, ad una maggiore agilità e tempestività di questa».
«Il “malessere” maggiore, nei confronti della burocrazia si registra tra le imprese che operano nei settori gravati da una maggiore regolamentazione (costruzioni, istallazione impianti, autoriparazione e servizi alle imprese) mentre, tra le imprese manifatturiere, il giudizio appare leggermente più sfumato – prosegue Alessansdri -. Sembra essersi affermata una consapevolezza, quella che mette in relazione la ripartenza economica alla qualità della legislazione e allo snellimento (significativo) del carico burocratico che grava sulle imprese. Il processo legislativo, purtroppo, non sembra però andare in questa direzione: basti dire che per ogni norma abrogata, di solito, ne vengono introdotte 1,3. Gli esempi di una crescente e continua complicazione, con cui anche le PMI della nostra provincia sono chiamate a fare i conti, si sprecano».
«La mortalità delle imprese, negli ultimi anni, ha superato ampiamente la natalità. Il numero delle aziende iscritte all’Albo, in provincia, è sceso a fine marzo a 5.925 unità; da gennaio a giugno di quest’anno, nella nostra provincia, sono cessate 339 imprese artigiane a fronte di 242 costituite (in Toscana le cessazioni, nello stesso periodo, sono state 5.736 a fronte di 4.875 iscrizioni). Se qualcuno intende “sterilizzare” la già scarsa propensione all’impresa – conclude Alessandri -, sappia che è sulla strada giusta».