GROSSETO – «Anche se siamo stati martoriati dalla crisi, messi in ginocchio dalle bizzarrie climatiche e, notizia di oggi, additati come il più grezzo tra gli strati sociali, gli imprenditori agricoli non si arrendono, alzano la testa e si propongono come custodi dei beni archeologici del nostro paese». Enrico Rabazzi presidente provinciale della Cia di Grosseto lancia l’ultima iniziativa della Cia Grosseto. «A differenza di chi ci disprezza e di chi non dà valore al nostro lavoro, noi non solo amiamo la nostra terra, ma consideriamo alla stregua di un tesoro tutto ciò che fa parte del nostro territorio e che lo rende unico contribuendo diffondere quell’inimitabile immagine del nostro Paese nel mondo. Preso atto dell’incontestabile ruolo multifunzionale che oggi ha l’agricoltura – prosegue Rabazzi – e del fatto che molte aziende agricole e agriturismi ospitano antichi capolavori artistici nei loro terreni, la Cia, in collaborazione con Turismo Verde, ha già scritto al ministro Dario Franceschini, comunicando la propria intenzione di gestire non solo i beni situati nelle proprietà ma anche i molti che si trovano nelle prossimità dei terreni aziendali».
«Il tutto naturalmente – prosegue Rabazzi -, in linea con una convenzione firmata con il Ministero. Un impegno, questo, che dimostra la nostra serietà intellettuale e l’amore per questa terra, per ciò che ci offre e per ciò che rappresenta. A chi dunque non ci considera il settore primario al pari degli altri settori produttivi, a chi sostiene che gli agricoltori piangono sempre miseria, rispondiamo con uno schiaffo morale: un progetto-impegno che consentirebbe il recupero e la valorizzazione di molti siti storici, oggi abbandonati, non più fruibili dai visitatori e lasciati al loro triste destino. Una proposta, quella della Cia, per recuperare parte del nostro patrimonio storico, per incrementare l’indotto nel settore del turismo e dell’archeologia, un’iniziativa destinata a creare economia e posti di lavoro. Un piccolo grande progetto – conclude Rabazzi – che presentiamo quando il fango ha sommerso intere aziende agricole e ha distrutto i sogni di una vita: ma noi che siamo abituati a lavorare tanto e a chiacchierare poco, sappiamo che fermarsi sarebbe la morte per noi e per i nostri figli. Come da sempre fanno gli agricoltori, anche questa volta dunque, orgogliosi, ci asciughiamo le lacrime, e guardiamo avanti a cosa noi possiamo fare per il nostro territorio».