a cura di Giulia Carri
STOCCOLMA – Silvia Aldi, 35 anni di Grosseto, è ricercatrice biomedica nel campo delle malattie cardiovascolari. Dopo aver vissuto e lavorato per alcuni anni a New York, adesso si trova in Svezia, a Stoccolma, dove lavora sempre nell’ambito della ricerca biomedica in uno degli Istituti più importanti d’Europa.
Come mai hai scelto di andare a lavorare all’estero?
“Mi sono laureata in Scienze Biologiche all’ Università degli Studi di Siena dove poi, nel 2008, ho conseguito il dottorato di ricerca in Medicina Molecolare. Nello stesso anno ho avuto un incarico come professore a contratto per l’insegnamento di Biologia Generale e Cellulare per la Facolta’ di Scienze Matematiche Fisiche e Naturali e un contratto di due anni come Assegnista di ricerca . Nel 2010, al termine dei miei contratti mi sono resa conto che la ricerca e la carriera accademica in Italia erano più un sogno che una realtà, così ho deciso di proseguire la mia ricerca all’estero.”
Cosa hai fatto?
“Ho mandato curricula ad alcuni contatti suggeriti dai miei professori di Siena ai quali avevo detto di essere interessata a fare un’esperienza fuori dall’ Italia. Per coincidenza, nello stesso periodo due professori dagli USA tennero dei seminari in Italia ed in quelle occasioni mi hanno chiamato per un colloquio. Mi hanno preso subito entrambi e mi sono ritrovata a dover scegliere tra due posizioni molto interessanti. Una al National Institute of Health (NIH) nel Maryland e l’altra al HYPERLINK “http://weill.cornell.edu/faculty/w.html”Weill Cornell Medical College di New York. Alla fine, ho scelto New York, volevo cambiare ambito di ricerca e dovendo partire perché non scegliere Manhattan…!? Così nel Gennaio del 2011 sono arrivata nella Grande Mela.”
Quando hai cominciato a lavorare?
“La mattina dopo il mio arrivo, alle 7.00 ero in laboratorio. Nel mio team c’erano colleghi giapponesi, spagnoli, iraniani e cinesi, l’impatto con il multiculturalismo di quella città è stato da subito forte e evidente.”
Come è stato arrivare a New York da Siena?
“Bellissimo e scioccante. Passare da una città piccola e ordinata come Siena a NYC è come andare in un altro mondo. Per fortuna, il professore che mi aveva assunto è italiano e mi ha aiutata molto a risolvere tutti i processi burocratici che si devono affrontare per lavorare negli USA. All’inizio mi sono scontrata con le difficoltà della lingua e con il fatto che la nostra università dà un’ ottima preparazione di conoscenze di base ma poca esperienza pratica. Nonostante il dottorato, quindi ho dovuto recuperare queste mancanze lavorando il doppio. Inoltre il sistema lavorativo americano è estremamente stressante e competitivo e a volte è stato davvero difficile, ma giorno dopo giorno ce l’ho fatta.”
Alla fine del tuo primo anno di contratto cosa è successo?
“Il professore era contento del mio lavoro e mi ha chiesto di rinnovare un altro anno, ed io ho accettato. Lo stesso è accaduto l’anno successivo ed ho accettato ancora. Così sono passati tre anni.”
Questi tre anni a New York come sono stati?
“Sono stati tre anni indimenticabili. Sono cresciuta tanto professionalmente ed ho imparato come costruire un “network” di conoscenze lavorative e di relazioni sociali fuori dal mio paese di origine. Il Weill Cornell Medical College è un centro di ricerca che consiglio a chiunque voglia fare ricerca biomedica, la competizione è molta ma professionalmente è eccelso e offre un’esperienza di vita che ti arricchisce continuamente. Il rapporto con i tuoi superiori non è gerarchico come in Italia, e questo va tutto a vantaggio della qualità del tuo lavoro e della tua indipendenza professionale. Poi c’è la meraviglia di vivere a Manhattan, con tutto quello che la città può offrire, socialmente e culturalmente.”
Perché dopo tre anni hai lasciato New York?
“Ho cominciato a sentire la distanza dalla mia famiglia, soprattutto adesso che sono da poco diventata zia. Volevo rientrare in Europa per partecipare di più alla vita dei miei affetti. Poi c’era il problema della mancanza della cittadinanza americana che è costosa da ottenere e ti pone davanti alla scelta di decidere se continuare a vivere negli USA o ritornare .”
Perché hai scelto Stoccolma?
“Diciamo che sono state una serie di coincidenze. Il mio compagno, anche lui ricercatore, aveva ottenuto un posto al Karolinska Institutet di Stoccolma, che è una delle università europee più importanti per la ricerca biomedica. Lui non se la sentiva di rinunciare a quel posto ed io ho avuto un incentivo ulteriore per cercare lavoro in Europa. Quindi, ho ricevuto un’ottima offerta di lavoro per continuare la mia ricerca in malattie cardiovascolari e precisamente nello studio dello sviluppo delle placche aterosclerotiche nel Center for Molecular Medicine (CMM) al Karolinska Institutet e dal Gennaio 2013 mi sono trasferita in Svezia.”
Come ti trovi?
“Il passaggio da Manhattan a Stoccolma non è del tutto metabolizzato. Mi mancano l’ energia, la vita culturale e i musei di NYC. Sebbene Stoccolma sia una città bellissima e ricca di eventi, è una dimensione completamente diversa, sicuramente più rilassata e salutare. Sto cominciando adesso a comprendere la lingua, e le loro abitudini sociali che sono nuove per me, ma importanti per socializzare ed entrare nella loro cultura.”
A parità di condizioni torneresti in Italia?
“Se le pari condizioni fossero: stesso stipendio, un vero contratto di lavoro, la previdenza sociale e la maternità che può essere di un anno e mezzo – anche i padri hanno la paternità per un buon periodo di tempo- sì, tornerei. Ma queste condizioni in Italia sono impossibili, quindi il problema è presto risolto.”
Cosa ti manca della Maremma?
“Le sue bellezze, il suo clima e tutto quello che ci rende uno dei posti più belli del mondo. Ma adesso che sono in Europa posso godermela più spesso.”