SIENA – «Più che un’idea non praticabile o praticabile, a seconda di interessi diversi e valutando senza i necessari dettagli, mi sembra che quanto emerso sul conferimento del tfr in busta paga somigli ad un classico ballon d’essai: la notizia di un fatto non ancora avvenuto – si legge sui dizionari – ma possibile, diffusa allo scopo di saggiare la reazione dell’opinione pubblica». Così Confindustria commenta la notizia del Tfr in busta paga che sta tenendo banco in questi giorni nelle cronache nazionali.
«Nonostante ciò, analizzando il merito della proposta ritengo sia necessario fissare bene alcuni paletti dai quali non è possibile prescindere – prosegue Paolo Campinoti, vicepresidente Confindustria Toscana sud -. Il primo: se parliamo di imprese con più di 50 dipendenti, il Tfr è già conferito all’Inps e/o ai fondi pensione quindi, eventualmente, è l’Inps che deve mettere il denaro a disposizione dei lavoratori. Il secondo: se parliamo delle piccole imprese – che già da anni hanno la testa sotto il pelo dell’acqua della crisi – per loro il problema sarebbe certamente drammatico visto che l’operazione drenerebbe ulteriore liquidità visto che, anche se ci fossero nuove risorse della BCE, tali risorse sarebbero disponibili solo per aziende con alto merito creditizio. Il terzo: se poi parliamo degli statali l’applicabilità è di fatto derubricata perché i loro contributi sono soltanto figurativi. Il quarto: se aggiungiamo che dovrebbe essere su base volontaria e comunque solo per un valore del cinquanta per cento, è chiaro stiamo parlando praticamente di niente, e, con un niente non si rilanciano i consumi. Non ultimo, posso portare l’esempio della mia azienda, nella quale già da dieci anni attraverso un accordo di secondo livello abbiamo stabilito la possibilità per i lavoratori di incassare direttamente il tfr, ebbene in dieci anni solo in rarissimi casi i lavoratori ne hanno fatto richiesta».
«Possiamo solo dire che siamo davanti, appunto, ad un ballon d’essai, un metodo spesso usato dalla politica per non affrontare, come in questo caso, il vero, unico problema alla radice – precisa Campinoti – : diminuire con forza e coraggio – mi permetto di chiamarlo politico – la tassazione sul lavoro che incide sulle imprese e sui lavoratori, i protagonisti della crescita e dello sviluppo. Ma a nessuno sfugge che per diminuire la tassazione sul lavoro è necessario tagliare della spesa pubblica corrente. Tutto il resto sono parole. Come industriali continuiamo ad avere forti perplessità- per essere generosi – sia sull’eventuale provvedimento che soprattutto sulla effettiva efficacia dello stesso».
«Per l’industria italiana, lo era prima del 2008 e continua ad esserlo dopo i durissimi anni della crisi, il vero snodo è il recupero della competitività delle nostre aziende, recupero che necessita di una forte riduzione del cuneo fiscale e di modalità con le quali imprese e lavoratori possano adeguarsi rapidamente ai cambiamenti dei sistemi produttivi, sempre più accelerati dalla globalizzazione e dalle risposte della tecnologia: non solo Job Acts ma anche nuove modalità nell’organizzazione del lavoro. Per tale obiettivo, nel territorio senese siamo impegnati come Confindustria ad avviare un nuovo processo di dialogo con le istituzioni, il settore finanziario e con le parti sociali, con i quali, in attesa di notizie e provvedimenti realmente incisivi – le famose riforme – vogliamo intraprendere un’iniziativa finalizzata ad aumentare la competitività del territori, in tal senso stiamo prevedendo per quest’ultima parte dell’anno una serie di incontri a partire dai sindacati, con i quali vorremo realmente porre sul tavolo problemi concreti per la competitività delle imprese e, con essi – conclude -, cercare le idonee soluzioni».