a cura di Giulia Carri
SHANGHAI – Alessandro Fusi, 29 anni di Grosseto, è architetto e adesso si trova a Shanghai.
Come mai hai scelto Shanghai?
“E’ successo per caso. Mi sono laureato nel 2013 in Architettura all’Università di Firenze. Per un anno ho lavorato come assistente del Professor Butini, con cui mi sono laureato. Ho fatto con lui anche esperienze di ricerca in composizione architettonica, un campo che mi interessa molto, ma in Italia la ricerca è un settore difficile e incerto. Per questo, durante l’esperienza all’Università, non ho mai smesso di cercare anche un percorso professionalizzante, che mi consentisse di ampliare e sperimentare le mie competenze.”
Cosa hai fatto?
“Ho provato a cercare lavoro in Italia, dove mi sarebbe piaciuto comunque rimanere, ma senza esito. Contemporaneamente ho proposto il mio curriculum a studi di New York e di Londra, entrambe mete che mi piacevano molto.”
Sei riuscito ad andarci?
“No, sono stato contattato da uno studio di New York, ma lavorare negli Stati Uniti è burocraticamente molto difficile; per studi di Londra ho fatto alcuni colloqui.”
Come mai invece sei finito in Cina?
“Mentre continuavo a cercare lavoro a Londra, a Maggio 2014 ho inviato il curriculum ad uno studio di Shanghai che cercava architetti italiani. A fine Giugno, quando ormai non ci pensavo più, mi hanno riposto, ho fatto un colloquio e sono stato selezionato per un internship retribuito in uno studio cinese di dimensione internazionale.”
Te lo aspettavi?
“Assolutamente no. La Cina era l’ultima meta alla quale pensavo e per un paio di giorni sono stato confuso e indeciso. E’ un paese lontano, con una cultura che non conoscevo affatto, e avevo poco tempo per decidere… Ma alla fine la prospettiva mi è sembrata entusiasmante e mi sono detto che in ogni momento avrei potuto decidere di tornare indietro. Così, dopo una settimana di peripezie per il visto, il dieci di luglio sono partito.”
Come è stato l’arrivo a Shanghai?
“Sorprendente per la cortesia e la disponibilità delle persone: un assistente dello studio mi ha aiutato fin dal primo momento a risolvere tutti le questioni indispensabili, dal procurarmi un telefono cellulare all’insegnarmi a prendere i mezzi di trasporto. Mi ha introdotto alla città. Questo mi ha molto rassicurato. Poi, per i primi venti giorni sono stato l’unico occidentale nello studio, perché il mio collega italiano era in ferie. Questa fase è stata un po’ difficile, ma anche molto stimolante.”
Come va adesso?
“Professionalmente bene. Sento di fare il lavoro per cui ho studiato. Tutti, dal capo ai colleghi, mi hanno aiutato ad ambientarmi e ad imparare giorno dopo giorno, nonostante le grandi differenze culturali. Ci occupiamo di grandi progettazioni e io collaboro con un team di architetti per la realizzazione di questi progetti. Anche da un punto di vista umano e sociale sono stato piacevolmente colpito, le persone a Shanghai sono molto disponibili e fin dall’inizio non mi sono mai sentito perso.”
La città ti piace?
“Shanghai è una Cina particolare, c’è tanto Occidente. Le due culture convivono e io sto trovando un equilibrio nel mediare tra l’una e l’altra. E’ una metropoli di venti milioni di abitanti, in continuo movimento, anche culturale, ma sicurissima. Quello che non mi piace è la situazione climatica, i livelli di inquinamento sono alti e spesso percepibili.”
Allo scadere dei tre mesi che farai?
“Ho deciso di rinnovare il visto e rimanere ancora un po’, fino al 2015. La città offre tanto e sento che adesso è il posto dove devo stare per la mia professione. Sto valutando alcune cose, vediamo come va. L’obbiettivo primario adesso è ottenere il visto lavorativo, che mi permetterà di rientrare in Italia ogni volta che voglio e poi tornare senza necessità di rinnovo.”
Cosa ti manca della Maremma?
“Dopo essere tornato per qualche giorno, me ne rendo conto ancora di più. A parte il clima ed il nostro paesaggio, mi manca la sensazione di sentirmi a casa, nel luogo dove sono cresciuto, mi mancano i miei amici e la mia famiglia. Ma credo che l’esperienza che sto facendo valga il sacrificio che impone la temporanea lontananza.”