GROSSETO – Il consiglio regionale nell’ultima seduta dello scorso luglio ha approvato due proposte di legge fondamentali, anche se poco conosciute, per i territori della Toscana. Si tratta delle modifiche alle leggi 40 e 41, quelle che dal 2005 normano l’integrazione sociosanitaria istituendo la Società della Salute: «un’idea originale e lungimirante, calzata sulle cittadinanze di oggi, sempre più fragili, sempre più varie per bisogni e domande». A parlare è il consigliere regionale del Pd Lucia Matergi. «Un’idea bella, un’idea di sinistra, con il torto di essere figlia di quell’approccio alla salute centrato sul patto sociale e orientato sulla parità che è tipico del governo della Toscana – prosegue Matergi -. Un bersaglio perfetto, dunque, per contrastare quel governo: così è stato, così le Società della Salute sono state ribattezzate inutili carrozzoni da eliminare, prova colpevole dell’inadeguatezza di una certa parte politica. Se ne sapeva davvero qualcosa? Spesso no, ma l’importante è stato combatterle».
«In questi anni, dunque, il mio impegno in commissione sanità e politiche sociali è stato quello di contenere la furia demolitrice di chi ha inteso come priorità l’annullamento delle SdS – si legge nella nota di Matergi –, trascurando il tanto che è stato fatto con quello strumento per rispondere alle nostre società sempre più complesse, con disponibilità di anno in anno erose dalle scelte di una politica più attenta ai proclami e agli eventi che ai bisogni veri dei cittadini, per cui alle nuove povertà si è risposto con la diminuzione delle risorse dedicate. Con questo spirito oltre a essere firmataria delle due leggi, ho fatto parte del gruppo di lavoro istituito per arrivare ai testi definitivi, la cui complessità rispetta la volontà di guardare le mille facce dei bisogni complessi dei cittadini di questo tempo, sempre meno protetti, sempre più fragili. Si è trattato di rimodulare, operazione più faticosa che costruire ex novo, ma capace di preservare quello che funziona, modificando ovviamente quanto é risultato difettoso. Per rimodulare bene é indispensabile conoscere a fondo non solo la legislazione esistente ma anche, anzi soprattutto, la sua ricaduta sulle comunità, e in questo l’esperienza di assessore alle politiche sociali e prima presidente della Sds grossetana è stata fondamentale».
«Oggi possiamo dire dunque che le leggi che istituirono la SdS, la 40 e la 41 del 2005, subiscono una ovvia manutenzione legata alle trasformazioni della societá, mantenendo fermi i principi di garanzia dell’integrazione sociosanitaria e socio assistenziale, valorizzazione delle forme aggregative dei comuni, partenza dal basso – prosegue il consigliere Matergi -. Non una ma più possibilità,una pluralità di modelli per aderire effettivamente ai territori e per dotarsi di strumenti utili per realizzare l’integrazione o per preservarla laddove essa si é realizzata. Da qui la possibilità di mantenere la SdS nelle zone che ne testimoniano la validità, così come si aprono altre ipotesi nelle zone che non hanno istituito la SdS o che pur avendola istituita non la ritengono lo strumento migliore per garantire l’integrazione. Credo che il territorio grossetano sia stato in questi anni uno degli esempi più lampanti di ottimo uso della legislazione regionale, in campo di politiche sociosanitarie e socio assistenziali. Nel mio impegno in consiglio a difesa del concetto dell’integrazione il riferimento costante è stato all’esperienza della zona grossetana, la cui Società della Salute rappresenta uno degli esempi di buone pratiche da prendere a modello per rimodulare l’integrazione sociosanitaria di oggi e di domani. Mi auguro che chi governa questo territorio salvaguardi questo valore riconfermandola come proprio strumento indispensabile».