di Barbara Farnetani
GROSSETO – «Dal 1988 al 2014 la Solmine ha distribuito e spedito 2 milioni e 431 mila tonnellate di ceneri di pirite lasciandone in stoccaggio 561 mila. Materiale che nel 1986 fu dichiarato rifiuto tossico e invece dal 1988 sono stati venduti a vari cementifici». A parlare è Giuliana Gentili, che assieme a Roberto Barocci e a tutta una serie di comitati ambientalisti e rappresentanti politici, sta portando avanti da tempo una battaglia contro emissioni e smaltimento delle ceneri di pirite della Nuova Solmine. «La Solmine – prosegue – ha di nuovo fatto richiesta che le ceneri di pirite siano considerate materie prime seconde, ma si tratta di materie tossiche nocive. A tal proposito il Tar del Veneto nel 2013 si era pronunciato contro la Veneta Mineraria con una sentenza che di fatto contraddice le motivazione apportate dalla Solmine nella sua richiesta. Il Tar riprendeva una decisione della Corte costituzionale che dichiarava le ceneri materia pericolosa e non commercializzabile. Anche a seguito di decisioni e orientamenti comunitari ormai entrati nel nostro ordinamento».
A tal proposito il Ministero dovrà decidere entro settembre sulla richiesta di Solmine di poter continuare ad usare le ceneri come sottoprodotto. Proprio per questo Roberto Barocci ha già annunciato un esposto al riguardo. «La Nuova Solmine ha sempre gestito le ceneri di pirite come sotto prodotto – prosegue Barocci – per un altro progetto produttivo, il cemento, distribuendole in tutta Italia. Anche se è dimostrato che queste ceneri arrecano danno all’ambiente. Queste ceneri, se trasportate o conservate a cielo aperto, inquinano le falde, c’è gente che ha bevuto questa acqua inquinata: si tratta di sostanze cancerogene di prima classe. A suo tempo – prosegue Barocci – la Solmine aveva chiesto di creare una discarica di rifiuti tossici e nocivi, quindi avevano la consapevolezza di cosa trattavano, per questo ricevettero tutte le prescrizioni al riguardo. Anche Bramerini e Marras sono responsabili della mancata bonifica del “panettone” che è 20 anni che aspetta».
«Queste sostanze vanno ospitate in discariche apposite, rese impermeabili e sicure con tutta una serie di interventi che hanno un costo e che un imprenditore preferisce non fare a meno che la politica non lo imponga, non imponga il rispetto della legge. Ci sono state indagini negli anni – precisa Barocci – che sono cadute tutte in prescrizione, perché quelli ambientali sono reati che si prescrivono velocemente. Non tutte le ceneri di pirite sono pericolose – precisa poi Barocci -, dipende da dove sono state estratte e quali metalli e sostanze contengono, le arsenio-piriti fuse alla Solmine però lo sono, poiché hanno un contenuto di arsenico di 420 ppm (parti per milione), e non “pochi ppm” come scrive al ministero la Nuova Solmine».
Barocci ricorda poi che, dopo il ripienamento che ne fu fatto della miniera di Campiano «con il conseguente avvelenamento del fiume Merse, a valle della miniera, la Procura aprì un procedimento penale rilevando “collusioni sconcertanti”e certificò che le ceneri di pirite della Solmine dovevano essere considerate rifiuti tossici nocivi, smentendo le analisi prodotte allora, proprio come fa oggi l’azienda, presentando analisi incomplete al Ministero. La Procura allora definì “scellerato” il progetto di riuso delle ceneri».
«Una tonnellata di arsenico è capace di rendere non potabili 100 milioni di metri cubi d’acqua – ricorda Barocci – eppure non se ne tiene conto, questo nonostante la pericolosità delle ceneri sia ampiamente documentata. Di fatto, a pagare la potabilità dell’acqua è stata la comunità, che ha dovuto accollarsi i costi per l’abbattimento dei rischi con impianti di de-arsenificazione». Per questo Barocci presenterà un esposto, per appurare con quali autorizzazioni è avvenuto lo smaltimento delle ceneri di pirite, ma anche che «vengano verificate le acque di scolo dei depositi e delle aree di ricaduta dei fumi emessi dagli impianti».