a cura di Giulia Carri
CALIFORNIA – Francesco Santini, 42 anni di Grosseto. Da quasi vent’anni gira il mondo per fare ricerca scientifica sull’evoluzione dei pesci e gli ecosistemi marini. Adesso è a Davis, California.
Quando sei partito la prima volta?
“Mi sono laureato in biologia a Pisa nel 1997 con tesi di ecologia teorica sugli ecosistemi marini nelle sorgenti termali. A luglio dello stesso anno sono partito per fare il dottorato in Canada, a Toronto, dove ho cambiato completamente area di ricerca.”
Di cosa ti occupavi?
“La mia ricerca studiava l’evoluzione dei pesci, ma durante tutto il dottorato ho insegnato biologia evoluzionistica e biologia dei pesci all’Università di Toronto. E’ così che i dottorandi si pagano da vivere!”
Come è stata l’esperienza canadese? Da Pisa a Toronto è un bel cambiamento…
“Sì, lo è. A parte la rigidità del clima invernale, Toronto è una città molto vivace e interessante. Ho scelto l’Università perché di ottimo livello ed è nel cuore del centro urbano, connessa con la dinamica vita sociale e culturale che una città di tre milioni di abitanti offre. Questo era rassicurante, se non avessi fatto amicizie all’università, non sarei comunque stato solo! Sono rimasto in Canada cinque anni e mezzo, poi sono partito per Parigi dove sono rimasto due anni.”
Perché?
“Ho vinto una borsa di studio della Fondazione Marie Curie, un programma della comunità europea per favorire la mobilità dei ricercatori all’interno dell’Europa. Ho scelto il Museo di Storia Naturale di Parigi perché sviluppava una ricerca affine a quella che avevo fatto in Canada e, all’epoca, non mi dispiaceva l’idea di fermarmi in Europa.”
Come mai?
“Per stare più vicino all’Italia e rivivere un ambiente di ricerca europeo, più tranquillo rispetto a quello statunitense e canadese, dove la pressione del sistema lavorativo e produttivo è veramente alta. Sono rimasto a Parigi dal 2003 al 2005. Al Museo di Storia Naturale mi occupavo sempre di evoluzione dei pesci, nello specifico lo studio del patrimonio genetico per decifrare come le varie specie siano collegate tra di loro. Gli anni parigini sono stati il mio primo incontro con la ricerca molecolare e lo studio del DNA, il campo mi ha affascinato e nel 2005 sono tornato a Toronto per altri 3 anni a fare un post dottorato specializzato in ricerca molecolare.”
Dopo sei rimasto in Canada?
“No, nel 2008 mi sono trasferito negli Stati Uniti. Durante il post dottorato mi ero messo in contatto con un collega di Los Angeles con il quale abbiamo fatto domanda per un finanziamento di ricerca alla National Science Foundation, che è il principale ente governativo americano che finanzia la ricerca scientifica non medica. Abbiamo vinto il finanziamento e sono stato a Los Angeles fino al 2012. Il progetto studiava l’evoluzione di particolari gruppi di pesci che vivono in prossimità di barriere coralline. Sono stati anni importanti per la mia ricerca, abbiamo pubblicato molti articoli su importanti riviste scientifiche come Nature, Proceedings of the National Academy of Sciences, Evolution, etc. Tutt’ora con il mio collega collaboriamo in vari progetti anche se non vivo più a LA da più di due anni.”
Come mai sei venuto via?
“Perché il visto era legato al progetto di ricerca e prevedeva una permanenza di 4 anni al termine dei quali ero obbligato ad uscire dagli USA. Nonostante avessi già avuto offerte di lavoro dall’Università di Davis in California, sono dovuto andare via.”
Dove sei andato? Che cosa hai fatto?
“Dovevo uscire dagli Stati Uniti per due anni prima di ottenere un altro visto e ho deciso di accettare l’offerta di lavoro di un mio collega italiano all’Università di Torino. Dato che in passato avevo lavorato anche sui fossili, ho lavorato per un anno al dipartimento di scienze della Terra, dove ho fatto ricerca con alcuni dei paleontologi locali. L’anno successivo invece ho fatto il pendolare tra l’Italia, la California e l’Europa per preparare il mio rientro negli Stati Uniti, come ricercatore all’Università di Davis, dove adesso lavoro.”
Quanto rimarrai?
“Il mio contratto era di due anni, ma abbiamo già chiesto il prolungamento del progetto per altri due.”
E’ la natura della tua ricerca che ti porta ad essere itinerante, o è una tua scelta lavorare in giro per il mondo?
“Entrambe. Amo molto viaggiare e ho scelto di lavorare viaggiando perché la mia ricerca mi permette di farlo. Un giorno questa cosa cambierà, ma ancora non è il momento di fermarmi in un solo posto.”
Quel giorno sarà la ricerca o il luogo a determinare la scelta?
“Dopo anni di esperienza so che deve esserci un equilibrio. Se le Università e i centri di ricerca sono vicini a città culturalmente ricche e socialmente vive è una dimensione perfetta, il bel tempo e la natura poi, sono altrettanto importanti…”
Torni spesso in Maremma?
“Quando posso per vedere la mia famiglia.”
Dopo tanti anni di ricerca all’estero, cosa pensi della ricerca in Italia?
“In Italia ci sarebbe sia la possibilità che la competenza per fare ricerca, però manca spesso la meritocrazia, più dei finanziamenti. Se un sistema è davvero meritocratico, può raggiungere ottimi risultati anche con meno soldi, dipende da come si spendono e chi li spende.”