a cura di Giulia Carri
SOFIA – Mauro Andreini, 61 anni di Gavorrano. Dopo anni di impegno politico in Maremma, decide di lasciare per dedicarsi al cinema e alla scrittura pcon progetti internazionali. Vive tra l’Italia, la Bulgaria ed il Medio Oriente.
Lei era sindaco del comune di Gavorrano, adesso è manager di una produzione cinematografica, cosa è successo?
“Sono stato prima assessore, poi per 10 anni sindaco e di nuovo assessore provinciale per altri 2 anni. Verso i primi anni ’90 la politica che facevo non mi rappresentava più così ho deciso di smettere e mettermi in gioco con cose nuove.”
Cosa ha fatto?
“Conoscevo le lingue, soprattutto inglese. Ho fatto dei corsi a Londra e ho viaggiato un po’, ho voluto utilizzare tutto quello che avevo per reinventare la mia professione. Ho cominciato lavorando in un società romana che si occupava di costruzioni ed aveva anche un settore culturale e relazioni con all’estero per scambi ed eventi; io gestivo queste relazioni. Dopo sono passato al turismo, con la Compagnia Italiana Turismo, CIT. Poi con una società turistica di cui ero l’amministratore con la quale gestivamo un villaggio turistico a Follonica.”
Poi?
“Sono stato consulente per la Regione Lazio che, per le leggi dell’epoca, non aveva una rappresentanza a Bruxelles e per 2 anni ho fatto avanti e indietro tra Roma e il parlamento Europeo per aprire gli uffici della Regione Lazio. Le potrà sembrare che queste cose siano differenti, certamente lo sono e hanno comportato da parte mia uno sforzo per imparare tante cose nuove, ma tutto sommato ho usato al meglio gli strumenti che mi appartengono: l’approccio politico, l’esperienze all’estero, la conoscenza delle lingue.”
Lei ha lavorato e lavora tutt’ora anche con l’Est Europa ed il Medio Oriente, come ci è arrivato?
“Verso la fine degli anni ’90 la CIT ha cominciato a crescere e creare strutture turistiche all’estero. In quel momento volevano costruire due strutture alberghiere a Damasco, in Siria, così sono partito per il Medio Oriente per curare le trattative istituzionali.”
Come è stata l’esperienza araba?
“Forte culturalmente e significativa per il resto della mia vita. Durante il mio soggiorno a Damasco ho frequentato le associazioni culturali e del volontariato che in quel momento cercavano di portare aiuti all’Iraq sottoposta ad un duro embargo dopo la prima guerra del Golfo. Nacque così l’idea che avremmo potuto fare qualcosa di simile anche in Italia.”
E cosa ha fatto?
“Con un collega catanese, abbiamo costituito un’associazione che si chiama Ashtar, come l’ antica regina della Mesopotamia. Gli italiani risposero in modo generoso al nostro appello e portarono nei nostri centri di raccolta derrate di ogni tipo; le farmacie fecero altrettanto con i medicinali. Mettemmo su un team di 30 persone, compresi medici estremamente qualificati. Eravamo pronti per lanciare la missione umanitaria. Le cose però divennero complicate. Le autorità internazionali non permettevano di entrare in Iraq. E’ una storia lunga da raccontare. La sintesi è che prendemmo a nostre spese un volo per Damasco e di lì con un volo messo a disposizione dal governo siriano si arrivò a Baghdad volando sopra la no fly-zone. Fu il terzo aereo al mondo ad atterrare a Baghdad per gli aiuti.”
Cosa avete fatto?
“All’epoca in Iraq morivano migliaia di bambini per la leucemia, molti nascevano focomelici e soffrivano di neoplasie varie. Consegnammo le medicine agli ospedali, ma erano come una goccia nel mare. Ci trovammo di fronte ad un inferno, l’inferno di Baghdad.
Ma tutti sanno della storia del bambino portato in Italia per essere curato dalla leucemia…
Questa è la parte bella sia pur nel dramma della malattia del bambino. Per me è stata un’esperienza molto importante e piena di significati. La cosa però più grande è che la battaglia contro la malattia è stata vinta e ciò grazie al pediatrico Borgo Garofalo di Trieste dove fu effettuato il trapianto di midollo e la grande attenzione e competenza con cui il ragazzino è stato seguito in tutti questi anni dall’ospedale di Grosseto.”
Quando è venuto via dall’Iraq?
“Raccontare quei momenti sarebbe troppo lungo. Si era vicino alla guerra dell’Iraq con i bombardamenti americani su Baghdad. Non c’erano più voli per poter tornare. La soluzione fu una lunga attraversata nel deserto fino a Damasco, circa 800 km in macchina nella notte.”
Cosa ha fatto quando è tornato?
“Il lavoro in Siria e soprattutto in Iraq fu anche quello di documentare con una troupe. E’ stata una grande esperienza. Abbiamo realizzato un documentario dal titolo “Io non ho colpa, l’Inferno di Baghdad”. Ho voluto mettere a frutto quelle nuove cognizioni, così con amici che lavorano nel cinema andammo in Bulgaria per fare un film. A Sofia, nel quartiere di Boyana, c’è un importante centro di produzione cinematografica ed i costi sono più bassi che da noi e le professionalità degli operatori è molto alta.”
Quindi si trasferisce in Bulgaria?
“Sì, per circa due anni e mezzo durante i quali oltre al cinema abbiamo organizzato dei programmi televisivi e eventi musicali con vari artisti italiani. E’ stato un periodo di grandi stimoli e creatività.”
Come è arrivato il libro?
“Durante il soggiorno in Bulgaria ho scritto un soggetto per la sceneggiatura di un film. Una storia dell’accoglienza e d’integrazione tra culture diverse. Racconta il punto di vista di bambini, che non hanno pregiudizio, perché quello appartiene al mondo degli adulti. Mi ritrovai un centinaio di pagine di appunti e riflessioni che pensai fosse sbagliato di chiudere in un cassetto. Di qui il libro che al momento è in mano all’editore. Spero che vada tutto bene.”
Sta lavorando ad altri progetti adesso?
“Con due professori universitari di origine berbera, uno di Mekness, l’altro laureato alla Sorbonne e docente all’Orientale di Napoli, stiamo scrivendo un libro sul Marocco e sulla cultura berbera. Presto dovremmo andare sull’Atlante con due fotografi documentaristi. Ma siamo agli inizi ancora.”
La Maremma oggi, cosa è migliorato? Cosa si dovrebbe cambiare?
“Non credo esista un vero e proprio problema Maremma piuttosto un problema Italia. E’ ovvio che cambiano le percentuali delle difficoltà in modo crescente dal nord passando per il centro fino al sud. Purtroppo i difetti sono sempre quelli: paura di cambiare, la voglia di rimanere nel proprio orticello e quindi incapacità di fare sistema. Non solo la politica è in crisi, non va l’intera classe dirigente italiana e la cosiddetta gente non reagisce e somiglia sempre più alla classe politica.”
Una nota positiva ?
“Per rimanere ai libri vedo con piacere l’aumento di scrittori maremmani, una maggiore consapevolezza della nostra cultura e capacità letteraria. Speriamo che le nostre bellezze finalmente abbiamo l’attenzione che meritano.”
Cioè?
“Cioè che non vengano più solamente decantate. Sinceramente è un esercizio questo piuttosto stucchevole. Bisogna che se ne abbia coscienza e si riesca a difenderle e a renderle utili al lavoro e alla ricchezza dell’intera Maremma.”