ROMA – Nell’ultima telefonata con il padre non aveva perso il suo modo di fare: “Non ti preoccupare, stai tranquillo”, detto con il tono di chi, seppur giovane, aveva una vasta esperienza in scenari di guerra, di violenza e di morte. Simone Camilli era un “giovane di 35 anni con la passione nel sangue per il giornalismo, per i reportage nelle zona calde del pianeta”. Nel suo curriculum di fotoreporter, sempre in prima linea, erano presenti già molte “voci” importanti: Libano, Kosovo, Gerusalemme, Georgia. Esperienze vissute catturando con telecamera e macchina fotografica, le storie di disperazione, il dramma di chi perde la vita, perde tutto. “Era di poche parole – racconta il padre Pier Luigi, un passato da vicedirettore Rai e un presente da sindaco a Pitigliano -, si limitava a rassicurarci sempre e a non farci vivere nell’ansia. Anche l’ultima volta che l’ho sentito al telefono gli ho detto di stare attento, di fare molta attenzione, ma lui questo mestiere ce l’aveva nel sangue e si limitava a rassicurarci”.
Una vita spezzata lontano da casa per raccontare agli altri l’orrore della guerra. Il coraggio di avvicinarsi a pochissimi metri da un ordigno su cui gli artificieri erano al lavoro gli è costata la vita. Una vita vissuta intensamente: “La settimana scorsa eravamo in vacanza insieme in Toscana”, racconta ancora il padre. “Con la moglie olandese, la meravigliosa figlia di tre anni, erano felici. Oggi è dura raccontare la sua morte, darsi una ragione per la fine tragica di una ragazzo di 35 anni”. I genitori in serata hanno lasciato Roma, l’abitazione in zona Gianicolense dove Simone si fermava tra un suo viaggio e l’altro, per raggiungere Gaza. “Andiamo a riprenderci la salma che riporteremo in Italia”, spiegano. “Simone è uno dei tanti giovani italiani andati a lavorare all’estero. La sua però – conclude il padre – è stata una scelta libera, non è stato costretto da nessuno. Sono fiero di lui”. Una missione iniziata anni fa con uno stage all’Associated Press (Ap) dopo un’adolescenza trascorsa tra Roma, dov’era studente in un liceo scientifico, e a Napoli. Per sei anni ha vissuto tra Gerusalemme e Gaza. Conosceva benissimo quella terra che oggi lo ha tradito. “Era coraggioso e si vedeva che gli piaceva quello che faceva”, assicurano i vicini di casa. “Lo incrociavo di rado, era sempre in viaggio. Aveva questa chioma riccia. Lo ricordo sempre con uno zaino in spalla. Era un ragazzo semplice”.
È stata dedicata anche una pagina Facebook a Simone Camilli in cui si vede la foto sopra, con lui che imbraccia una telecamere in mezzo ai soldati che si riposano dopo la battaglia.