a cura di Giulia Carri
RWANDA – Giampaolo Pastorelli, 30 anni, lavora in progetti di sviluppo locale in Africa, tra il Rwanda e Zanzibar.
Da Grosseto al Rwanda come è successo?
“Mi sono laureato 3 anni fa a Siena in cooperazione per lo sviluppo internazionale. La mia laurea specialistica prevedeva un anno di master all’estero, per cui dal 2010 al 2011 ho studiato a Falun, in Svezia”
Come è stata l’esperienza svedese?
“Importante e utile come ogni esperienza all’estero, ho conosciuto molte persone e perfezionato il mio inglese. Da un punto di vista sociale e climatico non sempre è stato semplice, la Svezia è troppo fredda per me! Sotto l’aspetto formativo la qualità di specializzazione è buona, ma i tempi di insegnamento eccessivamente veloci a volte penalizzano lo studente nell’approfondimento degli argomenti che sta studiando.”
Quando sei andato per la prima volta in Africa?
“In Eritrea ho sviluppato la ricerca per la tesi di laurea triennale, successivamente durante gli studi magistrali ho trovato uno stage in cooperazione e sviluppo presso la onlus romana Progetto Rwanda. Progetto Rwanda offre supporto psicologico, formativo ed economico a persone vulnerabili, privilegiando bambini e donne, molte delle quali reduci dal genocidio che nel 1994 ha distrutto il paese. Sono partito con loro la prima volta nel 2012 per due mesi. Il primo mese ho lavorato in team, il secondo mese i miei colleghi sono dovuti ripartire e sono rimasto solo a gestire le attività. Non ero pronto… ma ce l’ho fatta e ho imparato tantissimo. Quando sono tornato a Roma mi hanno offerto il primo contratto.”
Complimenti!
“Non è stato proprio semplice all’inizio… lo stipendio era basso ma la grande passione per quello che faccio mi ha permesso di andare avanti malgrado le difficoltà. Negli ultimi tre anni la onlus è cresciuta e i progetti sono aumentati, e quindi sono partito per il Rwanda ciclicamente per lavorare in progetti di empowerment femminile, formazione agricola e miglioramento delle condizioni igienico-sanitarie. Inoltre, insieme alla mia collega Sabrina Bettoni, aiutiamo un’associazione ruandese che si chiama SEVOTA (www.sevota.org/) a cui siamo molto legati per l’eccezionale lavoro che sta svolgendo con le donne vittime del genocidio e non solo. Questo però è l’ultimo lungo soggiorno in Italia, sto per trasferirmi a Zanzibar.”
A fare cosa?
“Insieme ad altri colleghi abbiamo fondato un’ONG tanzanese chiamata Zanzyp che ha sede a Zanzibar. Attualmente stiamo costruendo un eco-villaggio turistico i cui ricavati vengono investiti localmente in progetti sociali che promuove l’ associazione. Il nostro scopo è creare un turismo responsabile e sostenibile, di cui possa davvero beneficiare la popolazione locale. Promuoviamo le eccellenze del paese e la sua cultura, attraverso un eco turismo di itinerari in bicicletta e consumo di prodotti locali.”
Continuerai ad andare in missione in Rwanda?
“Sì, porterò avanti i progetti delle due associazioni che stanno lavorando entrambe a favore dei soggetti più svantaggiati. Sono molto contento, ma sarà impegnativo, io preferisco muovermi via terra, ma ci vogliono due giorni di autobus da Dar es Salaam a Kigali. Inoltre il Rwanda vive ancora una situazione molto complicata. Sebbene in teoria ci sia la Pace, nel paese continuano a esistere forti tensioni tra i due gruppi etnici che hanno dato origine alle varie guerre nel paese, esasperato da un gap economico tra città e campagna sempre troppo grande. Insomma c’è tanto da fare, le diseguaglianze economiche acutizzano pericolosamente tutte quelle cicatrici del genocidio che non si sono rimarginate”
Torni spesso in Maremma? Ti piace?
“Dal Rwanda, anche per ragioni di visto, torno spesso. Più stai lontano dalla Maremma più tornando ne apprezzi la bellezza, soprattutto paesaggistica. E’ il luogo dove sono cresciuto, dove vivono i miei genitori, i miei due fratelli e molti dei miei amici e questo è per me un legame eterno. Quello che mi dispiace è vedere la Maremma lenta nell’innovarsi, un po’ restia al cambiamento, con poco spazio per i giovani e le nuove idee. E’ come se tanta bellezza ci facesse un po’ adagiare su noi stessi senza dare spazio al nuovo, e credo che questo sia penalizzante per tutta l’economia locale.”
Cambieresti qualcosa?
“Servirebbe più spazio e sostegno alle iniziative di aggregazione e imprenditoriali dei giovani, e forse una maggiore apertura al cambiamento senza aver paura di perdere nulla perché si può solo migliorare.”
Nella foto: Giampaolo con Godelieve Mukasarasi, Presidente di SEVOTA.