GROSSETO – Termina presto l’avventura mondiale dell’Italia che chiude, come quattro anni fa, la spedizione dopo solo tre partite del girone eliminatorio. A poche ore dalla sconfitta contro l’Uruguay che sancisce il prematuro ritorno a casa della nazionale guidata da Prandelli, non resta che leccarsi le ferite, mentre i sui social network impazza la classica analisi del “the day after”, questa volta dai temi più disparati. Si certa un colpevole e qualcuno riparte dal vittimismo della direzione di gara, apparsa insufficiente e legata a due episodi chiave: l’espulsione apparsa affrettata di Marchisio e il morso rifilato a Chiellini da parte di Suarez, non nuovo a questo tipo di episodi. Un nuovo Byron Moreno? No, non proprio, perché a tutti gli effetti i limiti della nazionale italiana sono apparsi palesi. C’è quindi da ricostruire su macerie e i primi segnali sono arrivati con le dimissioni di Cesare Prandelli e di Giancarlo Abete, il presidente della Figc. Nel primo caso il terremoto sarà di lieve entità, il Ct paga dazio uscendo di scena, ma due anni fa era stato osannato per aver condotto sapientemente l’Italia alla finale europea, persa poi contro la Spagna, in sintesi un bilancio in chiaroscuro. Nel secondo caso, invece, la riflessione propone spunti più accattivanti, perché fornisce un’opportunità interessante di ripartire, a patto di non scegliere come successore il solito “nome politico” calato dall’alto che da anni gravita nel calcio italiano contribuendo al suo affossamento.
Altra analisi da social network è quella statistica regalata da questo Mondiale, con le big europee in forte difficoltà: Italia, Inghilterra e Spagna su tutte. Non è solo questione di difficoltà di ambientazione al clima con caldo e umidità elevata, ma anche del fatto che le nazionali sudamericane sono infarcite di calciatori “europei” che fanno esperienza e al tempo stesso impoveriscono i vivai nazionali. E’ il caso dell’Italia, dove in molti club viene schierato un solo calciatore di nazionalità tra i titolari, con i club esageratamente riempiti di stranieri a basso costo. Ripartire dai vivai è l’unica soluzione per tornare ad essere grandi, ma il problema è che al cospetto di clamorosi naufragi come quello avvenuto al Mondiale brasiliano, è divenuta frase di cui riempirsi la bocca, a cui però manca sempre l’atto pratico. Intanto per quanto riguarda gli attesi caroselli che allietano le estati da “notti magiche”, siamo fermi al 2006, nel 2010 e nel 2014 non ne abbiamo avuto nemmeno occasione. Ci riproveremo nel 2018…con l’inedito Mondiale russo.