GROSSETO – L’Italia evapora nel caldo di Recife e resta tramortita nel confronto con Costa Rica. Regna quindi il silenzio nel surreale dopo gara anche in Maremma, nessun festeggiamento, nessuna esultanza, nessun boato durante il match, anche perché gli Azzurri restano clamorosamente a secco, e anche le bandiere con il tricolore, appese ai balconi, restano ferme, a contemplare la sconfitta. La vigilia della gara, quindi, resta il momento più bello, perché la città si anima improvvisamente intorno alle 17.30, ma dalle 18 in poi è quasi deserta. Tutti davanti al televisore, con speranze e sicurezze, derivanti in gran parte dal successo sull’Inghilterra. Quello che doveva essere il boccone più facile, resta invece indigesto alla squadra di Prandelli e se nell’immediato passaggio del post sconfitta regna il silenzio, non altrettanto si può dire dei social network, dove il processo all’Italietta priva di mordente, lenta e floscia, è già partito ancor prima del fischio finale.
Sul banco degli imputati le prestazioni scadenti dei singoli: delude Thiago Motta, non fa di meglio Chiellini, alla seconda bocciatura consecutiva, stecca Balotelli, osannato dopo il gol del 2-1 all’Inghilterra e anche i cambi lasciano molto a desiderare, con Cassano, Insigne e Cerci incapaci di fornire il cambio di passo. C’è anche chi non si meraviglia più di tanto per la sconfitta e scrive: «siamo questi», rimarcando i limiti della squadra Azzurri e chi allarga l’analisi al “sistema calcio”, con stati obsoleti, dirigenti incapaci e un metodo di gestione marcio da tempo. Il grande accusato però, alla fine è sempre il CT, perché l’Italia è un popolo di allenatori. Così Prandelli, che qualcuno ribattezza “Perdelli”, finisce al centro dell’attenzione per aver sbagliato la formazione, aver sbagliato i cambi, aver sbagliato le convocazioni. Già, perché la soluzione a tutti i mali, sta sempre negli assenti. Il rimpianto quindi, è nei confronti di chi non sceso in campo, come Immobile, inutilizzato dal CT, o addirittura in chi è rimasto a casa, su tutti: Pepito Rossi.