SANTA FIORA – Due eventi distanti pochi giorni connotano dal 1944 la storia e la memoria di Santa Fiora: il bombardamento del 12 giugno con 24 vittime e la strage di Niccioleta con 23 operai barbaramente trucidati dai nazifascisti.
Il bombardamento fa parte dei tragici episodi che attraversarono in quel periodo la provincia di Grosseto distruggendo case e mietendo vittime innocenti. Gli aerei alleati colpirono Santa Fiora, Pitigliano e Grosseto per indebolire le truppe tedesche in ritirata. A Santa Fiora l’obiettivo era il comando tedesco, con Kesserling, comandante in capo delle truppe di occupazione.
Niccioleta, invece, è una piccola frazione nei pressi di Massa Marittima, lontana da Santa Fiora. Il bisogno del lavoro, nel 1944, aveva portato molte persone dell’Amiata, soprattutto da Santa Fiora e Castell’Azzara, a ricercalo nelle miniere di pirite delle colline metallifere. Nella notte tra il 12 e il 13 giugno 1944 un battaglione di SS italiane e tedesche circondarono il villaggio e arrestarono 150 persone. Una parte furono subito rilasciate, 6 minatori vennero fucilati sul posto e 77 furono uccisi nel pomeriggio del 14 in una cava di Castelnuovo Val di Cecina. In tutto 83 morti.
Il ricordo dei martiri della Niccioleta è patrimonio della nostra comunità. Li ricorderemo in piazza 12 giugno, il 12 giugno alle ore 10.45 e il 14 giugno alle 11 al cimitero dove sono seppellite le nostre 23 vittime.
Padre Ernesto Balducci era coetaneo di molti di loro e ricordò il tragico evento con queste parole:
“(…) la sera di 14 giugno 1944, a Castelnuovo Val di Cecina, presso Larderello, furono fucilati dai nazisti 77 minatori, prelevati la notte precedente dal villaggio operaio della Niccioleta” (…). “Ho sotto gli occhi l’elenco dei 77 (anzi degli 83: sei erano stati fucilati al momento dell’arresto) e leggo, con lo sgomento che sempre provo quando ripenso all’episodio, il nome delle vittime. Segno con il lapis quelli dei miei compaesani. Sono 23. La metà sono dei miei compagni d’infanzia e alcuni dei miei compagni di classe o almeno di scuola: Battisti Eraldo, Bertocci Sergio, Mondani Rinaldo… Più giù Moretti Luigi, che stava nel banco dietro di me, nell’aula dalla cui finestra si vedeva il profilo di Monte Labbro, con la torre diroccata di David Lazzaretti, il profeta fantasioso dei dannati di quelle terre. Eravamo, a Santa Fiora, quasi tutti figli di minatori. Se non avessi seguito un’altra strada sarei stato sicuramente anche io nell’elenco delle vittime.” (…)
“Quando le 23 bare, qualche anno dopo, vennero portate al nostro paese, un urlo si levò dalla folla. Io ero stretto fra la gente. Non ero uno spettatore. Ero un traditore. Me ne ero andato per una strada dove uno passa per rivoluzionario solo perché scrive un articolo coraggioso che potrebbe perfino impedirgli la carriera. Quando più alto si fa in me il fastidio morale per questo mondo, mi capita di tornare a quegli anni lontani, in quella piccola scuola invasa dalla tramontana, dove l’ideologia della prepotenza cercava di corromperci. Non c’è riuscita. Ma mentre Eraldo, Mauro, Luigi e gli altri hanno pagato con la vita la fedeltà al vero, io, noi sopravvissuti, che andiamo facendo? Celebriamo la Resistenza, che fu un immenso, glorioso sogno di pace, e nel frattempo lasciamo che i “nazisti dell’anno duemila” vadano disseminando su tutto il pianeta gli ordigni della morte. Questo sì che è un tradimento.”