di Lorenzo Falconi — Tweet to @LoreFalcons
GROSSETO – Le due sezioni di scuola dell’infanzia di via Portogallo, che rientrano nella sperimentazione Pegaso, sono sempre più vicine alla chiusura. Nulla è cambiato rispetto tre settimane fa, quando i genitori hanno intrapreso la strada della protesta per avere chiarimenti da parte della dirigente scolastica Maria Luisa Armillei. In ballo ci sono 55 bambini “tagliati” dal progetto che allo stato attuale non verrà riconfermato, con tutto ciò che comporta per le famiglie, alla ricerca di nuove collocazioni per il prossimo anno scolastico. Oggi però, è stato il giorno del confronto, quello tra una delegazione di genitori e Maria Luisa Armillei. La mattinata era iniziata con le mamme fuori dal cancello della scuola di via Sicilia, sede principale dell’istituto comprensivo 3 di Grosseto, intenzionate ancora una volta ad avere spiegazioni e risposte, magari dopo un confronto aperto con la dirigente scolastica, mai ottenuto, per varie motivazioni, in precedenza. Confronto che è stato concesso subito da parte di Maria Luisa Armillei che, per oltre 45 minuti, ha spiegato per filo e per segno la sua posizione ad una rappresentanza di genitori.
Un confronto che non sposta di una virgola il destino della sperimentazione Pegaso, ma comunque utile per chiarire alcuni aspetti rimasti oscuri nella complicata e delicata vicenda. «La dirigente scolastica ci ha offerto il suo sostegno – dice una delle mamme dopo il confronto -, ha compreso la situazione, purtroppo però non può fare di più, non può prendersi una responsabilità troppo grande in mancanza delle necessarie garanzie». E’ la stessa Maria Luisa Armillei a mettere il punto sulla vicenda: «Ci sono due aspetti fondamentali da tenere in considerazione – spiega -, il primo è la sicurezza per i bambini. Il secondo è il bilancio. Non ci sono più le risorse necessarie per garantire il servizio. Il progetto Pegaso, come sperimentazione, ha limiti su erogazione del personale docente a tempo determinato e il problema è che i finanziamenti non coprono le prestazioni dei collaboratori scolastici». In estrema sintesi, i conti non tornano e il bilancio non quadra, anche perché: «se una insegnante si ammala – aggiunge Armillei – non ci sono le necessarie coperture per le supplenti. Se la malattia è superiore a 30 giorni continuativi, paga la Regione, ma se è inferiore, come frequentemente accade, il costo ricade sul nostro bilancio e la scuola non ha fondi».
Oltretutto le due sezioni del progetto sperimentale doveva essere “assorbite” dalla scuola statale, un passaggio che in realtà non si è verificato. «Su questo aspetto sono irremovibile – aggiunge la dirigente scolastica -, non firmo se sono consapevole che ci sono dei rischi per la sicurezza dei bambini perché manca il personale scolastico e soprattutto se il servizio diventa un disservizio. Non posso prendermi queste responsabilità». Armillei poi, ne approfitta per fare chiarezza su alcune accuse che le erano state mosse in merito alla vicenda, ovvero il metodo di comunicazione e la difficoltà nell’ottenere un confronto da parte dei genitori. «Ho scritto una lettera e l’ho appesa fuori dalla scuola perché era il modo più immediato e veloce per informare tutti i genitori. L’ho fatto perché c’erano ancora soluzioni alternative e quindi era opportuno fare arrivare una comunicazione veloce. Successivamente sono andata in ferie, come era stato programmato già da tempo». Per il resto però, il destino della sperimentazione Pegaso sembra giunto al capolinea. «L’ho spiegato chiaramente ai genitori, non mi muovo da questa posizione, se le cose non cambieranno, e fino ad ora non sono cambiate, non ci può essere futuro. Ho dato la mia disponibilità per un incontro in Regione e se verrà confermato ci andrò molto volentieri – conclude Armillei -, ho saputo che una mamma ha scritto una lettera al presidente del consiglio Matteo Renzi e, secondo me, ha fatto bene».