GROSSETO – «All’amore tuo fanciulla,
altro amore, io preferia,
è un ideal l’amante mia,
a cui diedi braccia e cor».
Così cantavano i partigiani, coloro che sceglievano di rifugiarsi nelle montagne per combattere il nazifascismo, lasciando le case e le fidanzate. Anche il tenete Gino, al secolo Luigi Canzanelli, aveva poco più di 20 anni quando decise di entrare in clandestinità e darsi alla guerra partigiana, e lì, tra le colline di Manciano, si innamorò di una ragazza del posto, Licia Bianchini, di appena 16 anni, attiva nella resistenza. Sì, perché in questa storia di coraggio ed eroismo che porterà alla morte di Gino, c’è posto anche per una tenerissima storia d’amore (sotto Luigi Canzanelli).
«Scrivevo messaggi per i partigiani – ricorda oggi Licia – scrivevo alle famiglie, per far capire che andava tutto bene senza però far capire né dove erano né cosa facevano. Le rassicuravo». Quando fu scoperta andarono in 35 a prelevarla in piena notte nella sua casa «35 uomini, 35 fascisti, per portarmi via e picchiarmi, a me che ero solo una ragazza» ricorda ancora (nella foto sopra Licia Bianchini Lucchini).
Due ragazzi giovanissimi a confronto con eventi più grandi di loro. L’8 settembre del ’43 Canzanelli, che era ufficiale nell’esercito, assieme al collega Antonio Lucchini si trovava vicino Roselle. Si resero conto della sbandamento dell’esercito, volevano andare a sud, raggiungere il Re, ma arrivati nella zona di Montemerano deciso di passare dalla parte della Resistenza che si stava organizzando. Furono loro a creare il VII gruppo bande del Raggruppamento del Monte Amiata portando avanti assalti e sabotaggi contro tedeschi e repubblichini, compresa la distruzione del ponte sul Fiora. Durante la notte del 7 maggio 1943, nella zona di Murci, il gruppo di Canzanelli viene attaccato: con lui perderà la vita Giovanni Conti.
Sarà l’amico e compagno Lucchini a vendicare la morte del tenente Gino e a restare a fianco di Licia, che poi, finita la guerra, sposerà.