GROSSETO – Il vescovo Rodolfo questa mattina, nella cripta della Basilica del Sacro Cuore, ha celebrato la Messa per l’anniversario della Strage di Pasquetta. La commemorazione è promossa ogni anno dall’Associazione vittime civili della guerra. Quel 26 aprile 1943 sotto le bombe delle forze alleate morirono 134 grossetani, molti dei quali bambini, che stavano trascorrendo una giornata di festa – pur nel clima cupo della guerra – al luna park allestito in piazza De Maria.
A concelebrare con mons. Cetoloni, nella cripta voluta dall’allora vescovo Paolo Galeazzi (che lì riposa) come sacrario per le vittime di quella strage terribile, c’erano anche il parroco del Sacro Cuore, p. Giancarlo Silveri, e don Franco Cencioni, che di quel drammatico evento è uno dei custodi nella memoria della città di Grosseto.
Presenti rappresentanti delle istituzioni civili e militari, i gonfaloni del Comune e della Provincia di Grosseto, le associazioni combattentistiche e d’arme e molti grossetani.
Nella sua omelia il vescovo Rodolfo, prendendo a prestito le parole di Pietro – “Non possiamo tacere quel che abbiamo visto e ascoltato” – ha invitato a non dimenticare il bombardamento di Pasquetta e le stragi che hanno dolorosamente costellato il ‘900. “Sono fatti – ha detto mons. Cetoloni – che rischiamo di perdere nella nostra storia e il timore è che il tempo che passa cancelli inesorabilmente. E’ bello, dunque, oggi – ha proseguito – essere qui per non tacere e non dimenticare quello che avvenne”.
“Perché ricordare? – si è poi domandato il vescovo – Prima di tutto perché ricordare avvenimenti che possono far ravvivare il dolore, impedisce che il nostro cuore si abitui. Il ricordo ci aiuta a cercare le cause di certi fatti che sono avvenuti e continuano ad avvenire. Il ‘900 – ha sottolineato mons. Cetoloni – è pieno diquesta storia di morte ‘scritta’ dalle guerre, ma anche altri terribili momenti ai quali non possiamo adattarci o pensare che non sia possibile cambiare. È allora importante andare alla radice di ciò che accade, a quel male che spesso abita il cuore degli uomini e il cuore delle relazioni fra gli uomini. Il ricordo di queste vittime innocenti può essere l’occasione per ravvivare il nostro cuore perché ognuno nel piccolo della sua vita, nelle sue relazioni, nelle responsabilità che porta, e insieme come società, come Paese ci diamo tutti una spinta perché non si ripetano più”.
Il vescovo ha chiesto che non ci si fermi al ricordo: “Siamo qui anche per stare con uno sguardo consapevole dinanzi a questi fatti e dinanzi a Dio. Mons Galeazzi quando volle erigere questa cripta e la basilica in ricordo di questa strage, volle dedicarla al Sacro Cuore, cioè al cuore di Dio, perché ci educassimo e ci educhiamo continuamente a guardare la nostra realtà nel cuore di Dio per ritrovare in quel cuore i motivi per far si che queste cose siano cancellate dall’umanità”.
“Come lo conosciamo il cuore di Gesù? – ha chiesto ancora il vescovo – Il tempo di Pasqua ci aiuta a cogliere qual è la misura dell’amore di Dio su ogni vita: Dio ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio e il Figlio ci ha amati sino alla fine. L’espressione di Gesù per cui non c’è amore più grande che dare la vita per i propri amici non è una bella frase che tocca le corde dei nostri sentimenti – ha ammonito il vescovo – È una frase che si è realizzata, perché Egli ha davvero dato la vita per i suoi amici. Ma il cuore di Gesù – ha continuato mons. Cetoloni – lo conosciamo anche attraverso la resurrezione. Le Scritture ci dicono come fu difficile credere alla resurrezione di Gesù, ma come poi i suoi discepoli e le donne ne diventarono coraggiosi ed entusiasti testimoni. Perché? Perché la resurrezione – ha spiegato il vescovo – non è solo il segno della vittoria di Dio e del suo amore per l’uomo: la morte e la resurrezione sono realtà entrate nella nostra vita! La nostra vita è stata avvolta, intrisa da questo amore! Siamo come del pane immerso nel buon vino. A noi èchiesto di vivere da risorti, portando nella nostra personale esistenza quello che ha portato la resurrezione:la generosità, la dedizione, il rischio propria esistenza perché gli altri abbiano la vita. Domandiamoci – è stato l’invito – cosa dicono queste parole nei nostri personali impegni di vescovo, di padri, madri, cittadini, lavoratori, nel portare avanti le responsabilità istituzionali”.
“Oggi – ha continuato – viviamo questo ricordo dolorosissimo perché abbia questa forza: la vita vale sempre e ogni nostro impegno, ogni nostro sforzo ha dentro di sé questa vitalità. Vorrei che stessimo dinanzi al Signore e dinanzi alle piccole lapidi con incisi i nomi di tutti questi fratelli uccisi, affinché nel nostro cuore resti impresso il messaggio di vita e perché il nostro impegno diventi più vivace, più pieno della speranza,che nasce dalla consapevolezza che Dio partecipa al nostro impegno e se nella nostra vita c’è la forza di Dio le cose danno altro frutto, nonostante tutte le difficoltà”.
Mons. Cetoloni ha concluso con le parole del Vangelo proclamato durante la Messa. “Chi è il primo testimone della resurrezione? Maria di Magdala, donna dalla quale erano stati cacciati sette demoni – ha sottolineato il vescovo – Non si sa di cosa si trattasse, però questa donna aveva incontrato Gesù nella sua vita e si era sentita come tirata fuori da quella situazione di morte che la opprimeva nel suo cuore, nel fisico,nei comportamenti. Quell’incontro l’aveva talmente toccata, che essa aveva continuato a cercare Gesù anche dopo sua morte E lo va a dire a tutti, anche a coloro che erano nel lutto e nel pianto. Però non è creduta… . Eppure il Signore sceglie questa strada – ha ricordato il vescovo – la strada delle persone che amano e non si arrendono alla morte e alla distanza e che continuano a cercare questo tipo di relazione! Dio sceglie poi anche altre due persone: due anonimi contadini. Il Signore si affida alla via dei semplici, alla via degli umili, la via di coloro che non hanno grandi poteri, ma si fanno prendere da questa vitalità e dall’aver visto e creduto. Questo – ha concluso mons. Cetoloni – è il messaggio che viene a noi anche nel giorno di questo ricordo: guardiamo a quella strage per cercare di cogliere nella nostra vita personale e della nostra umanità quello che purtroppo rischia continuamente di portare a scelte di morte, che possono assumere anche le forme del rifiuto, della violenza verso l’altro, della non accoglienza, della paura dell’altro: sono radicicupe nel cuore di ognuno. Per la fede che abbiamo e per l’umanità che ciascuno di noi sperimenta sentiamo che ne possiamo uscire, che ce ne possiamo liberare e che siamo impegnati a costruire delle vie in cui queste cose non possano accadere più anche nel nostro piccolo quotidiano. Chiediamo la forza per esserecostruttori di bene, di rispetto e costruttori positivi della realtà che ci è affidata”.