GROSSETO – Per la celebrazione della festa della Liberazione il sindaco di Grosseto Emilio Bonifazi ha scritto una lettera ai grossetani.
«Il 25 aprile è la festa di tutti perché celebra la Liberazione dell’Italia da una terribile dittatura. Cercare una memoria condivisa è fondamentale nella crescita civile di un Paese e questo certamente lo si fa guardando senza paraocchi tutta la nostra storia e allo stesso modo le responsabilità nei crimini di guerra, a prescindere da chi li abbia commessi. Ma questo non vuol dire che si possano confondere piani e ruoli relativamente a chi in quel 25 aprile di 69 anni fa combatteva per la Liberazione dal giogo nazifascista e chi combatteva invece al fianco dei tedeschi. E’ del resto altrettanto naturale riconoscersi tutti nella data del 15 giugno 1944, quando Grosseto venne liberata; una data di cui quest’anno ricorrerà il 70° anniversario. Stesso numero di anni sono inoltre passati dall’eccidio di San Leopoldo a Marina di Grosseto, dove le truppe tedesche uccisero 6 persone e dall’Eccidio di Maiano Lavacchio dove le persone uccise furono 11. 71 anni sono invece passati dal bombardamento di Pasquetta del 1943, con 134 vittime».
«Capire la storia non significa quindi dimenticarla ma nemmeno annebbiarla nel vociare confuso di chi cerca di mettere tutto sullo stesso piano. I morti sono tutti uguali e chi commette un crimine, va da se, è un criminale. Ma le responsabilità storiche sono un’altra cosa. Il 25 aprile del 1945 l’arco delle forze antifasciste era unito in una battaglia di libertà poi confluita nella nascita della Repubblica e nell’intesa per una Costituzione democratica che ancora oggi rappresenta una sintesi di principi moderni e attuali. Rileggersi i primi 12 articoli della nostra “Carta” fondamentale è infatti un buon esercizio per capire chiaramente cosa non volevamo più e in che direzione volevamo andare. Sicuramente non tutto si è poi svolto come i padri costituenti avevano sperato ma l’Italia del dopoguerra è comunque diventato un grande paese libero e democratico. Troppo spesso ce ne dimentichiamo, dando magari per scontate certe conquiste che hanno invece richiesto sacrifici immani. Troppo spesso confondiamo i diritti con le pretese e consideriamo i doveri come un intralcio. E troppo spesso rimuoviamo le atrocità in tanti paesi del mondo quasi come fossero a noi estranee, dimenticando quanto in basso l’uomo sia costantemente in grado di arrivare. Festeggiare il 25 aprile significa non dimenticare ciò che è indiscutibilmente sbagliato ma anche tenere presente che i confini occidentali dell’Ucraina sono più vicini ai nostri orientali di quanto sia lunga l’Italia, che i sacrifici per la libertà uniscono milioni di nordafricani che si affacciano sul nostro stesso mare e che migliaia di disperati in fuga da questi paesi e da quelli del vicino oriente preferiscono rischiare la vita nel Mediterraneo che essere perseguitati, uccisi o lasciati morire di fame nei loro paesi di origine; ecco perchè è a dir poco ingenuo pensare di poterli respingere e immorale pensare di abbandonarli».
«Il 25 aprile non è una celebrazione rituale e retorica ma è la festa che ci ricorda ciò che in tante parti del mondo non è affatto scontato e che ha visto e vede tante persone perdere la vita; chi combattendo per la libertà, chi vittima delle atrocità belliche e dell’insensatezza stessa delle guerre, chi vittima innocente delle rappresaglie di chi la voglia di libertà, invece, la reprimeva e la reprime nel sangue».