PORTO ERCOLE – Riminese di Porto Ercole è un antico vitigno autoctono del Monte Argentario riscoperto dall’Università di Pisa, facoltà di Agraria, in collaborazione con la Provincia di Grosseto. La ricerca svolta dal professor Giancarlo Scalabrelli, docente di Viticoltura, è stata presentata questa mattina nella sala parrocchiale di Porto Ercole, alla presenza del Vicepresidente della Provincia Marco Sabatini, Silvia Ferrini presidente del Consiglio Comunale di Monte Argentario, di Alessandro Ferrini, storico esperto in storia del Monte Argentario, e di Ghert Niebauer, proprietario del vigneto su cui sono state svolte le prime ricerche. Il Riminese di Porto Ercole è un vitigno ad uve bianche, dall’alto contenuto zuccherino, dà un vino con riflessi dorati e profumato. E’ piuttosto resistente alle malattie ed ha una elevata fertilità; si hanno tracce della sua coltivazione sul Monte Argentario fin dalla metà dell’800.
Il Riminese potrebbe arricchire l’offerta viticola dell’Argentario. Il recupero di varietà antiche si inserisce nella politica dell’amministrazione provinciale a sostegno della viticoltura, un settore che nel nostro territorio conta oltre 4mila produttori per quasi 9mila ettari di superficie vitata. Il mercato vitivinicolo nazionale sta dando dei segnali di ripresa soprattutto grazie all’export, i vini maremmani si stanno affermando come protagonisti in questo cambio di passo. “Su tutto il territorio c’è una particolare attenzione alla qualità e alla tipicità del prodotto – spiega Marco Sabatini, vicepresidente della Provincia di Grosseto – per questo la riqualificazione di varietà antiche e autoctone risulta interessante per i viticoltori e rappresenta un valore aggiunto sul mercato. I prodotti enogastronomici – sottolinea Marco Sabatini – raccontano la storia di questa terra, raccontano l’ambiente incontaminato e la qualità del suo cibo e del vino. Tutto questo può essere un grande fattore di attrazione del nostro territorio sul quale la Provincia ha investito molto”
La ricerca sul Riminese di Porto Ercole prevede più fasi che indagano i diversi aspetti del vitigno, dall’analisi delle caratteristiche della pianta a quelle delle uve fino allle propietà del vino. Il gruppo di studio dell’Università di Pisa ha analizzato lo stato sanitario delle piante, per verificare se le viti ritrovate fossero portatrici di virus o di particolari malattie e lo studio delle caratteristiche ampelografiche e molecolari per chiarire l’identità genetioca dei biotipi dei vitigni, obbligatoria nei progetti di valorizzazione delle varietà.
Inoltre sarà seguito il decorso dello sviluppo annuale nei punti chiave che caratterizzano l’attività vegeto-produttiva dei vitigni. La loro conoscenza è di particolare importanza, sia per la loro caratterizzazione che per gli aspetti tecnici che ne derivano. Infatti la diversa precocità delle varie fasi vegetative oltre ad essere un elemento caratterizzante di ogni vitigno, offre l’opportunità di differenziare la loro adattabilità all’ambiente considerato e consente, inoltre, di compiere più tempestivamente e razionalmente gli interventi tecnici in vigneto. Sarà poi analizzata la curva di maturazione e il profilo qualitativo delle uve e per chiudere l’intero ciclo sarà reallizzatra una microvinificazione che consente di valutare l’attitudine tecnologica dei biotipi per individuare i vini più interessanti. Una valutazione chimica e sensoriale fornirà un quadro completo della composizione dei vini ottenuti, con particolare attenzione alla composizione chimica, ai caratteri fisico chimici e agli aspetti sensoriali.
Al termine della ricerca, sarà possibile presentare la richiesta di iscrizione al Catalogo Nazionale delle Varietà di Vite. L’insieme dei dati raccolti consentirà di predisporre una scheda descrittiva, contenente tutti i dati agronomici, ampelografici, molecolari, tecnologici e sensoriali che potrà essere messa a disposizione degli operatori per una reale utilizzo.