GROSSETO – «La recentissma e dibattutissima sentenza del Tribunale di Grosseto, che ordina al Comune la trascrizione nei registri dello Stato Civile di un matrimonio tra persone dello stesso sesso, e che fa il paio con un’altra recente sentenza, quella che imponeva al Comune stesso la concessione della cittadinanza italiana ad un ragazzo straniero (con conseguente ammenda da pagare da parte dell’Ufficiale di Stato Civile di circa 1500 euro per aver applicato la legge), ci pone il problema della tutela degli Ufficiali dello Stato Civile dei Comuni della Provincia di Grosseto». A parlare è Sergio Sacchetti segretario organizzativo UILFPL Grosseto.
«Anche alla luce delle indagini preannunciate dalla Procura della Repubblica di Grosseto – prosegue Sacchetti -, emerge con forza l’attenzione da porre sulla delicatezza delle loro funzioni, troppo poco remunerate (1150 € mensili, mediamente, circa), a fronte delle responsabilità esercitate. Dette funzioni, infatti, possono essere messe quotidianamente al “vaglio” delle indagini della Procura e strette nella “morsa” tra il doveroso rispetto della normativa legislativa e codicistica italiana sul diritto di famiglia, e l’obbligo imposto al Comune dal Tribunale di Grosseto, di operare secondo il dispositivo delle sentenze, che vanno in direzione opposta. Non farlo comporterebbe ai dipendenti dello stato civile, essere oggetto di sanzioni disciplinari da parte del Comune, ma trascrivere questi atti vorrebbe dire andare contro la Legge vigente e la Magistratura inquirente».
«In merito alle vicende che hanno dato origine alle sentenze del Tribunale di Grosseto – precisa Uil -, viene, e giustamente, richiesto dalle istituzioni locali e da più parti, un intervento legislativo dello Stato per dirimerle in maniera chiara, applicando norme precise in materia. Noi ci limitiamo a chiedere che la Legge possa e debba occuparsi anche di offrire la possibilità agli ufficiali dello stato civile ed a tutti i dipendenti pubblici in generale, di operare, per il bene della collettività, in serenità, e consapevolezza della certezza del diritto, senza essere costretti a muoversi nella “morsa” tra rispetto della norma e il rispetto delle sentenze».