GAVORRANO – Questi i risultati dei gavorranesi al circuito Judo-CSEN organizzato domenica dallo Sporting Club Albinia. 12 gli atleti della Nippon Bu-Do Gavorrano in gara nelle classi fanciulli, ragazzi e esordienti che hanno portato a casa il ragguardevole risultato di 6 primi posti con; Amadori Leonardo, Kevin e Michelle Colanera, Paolo Sartori Gabriel Fogliata e Matteo Rossi, tre argenti con Dario Ballini, Matteo Sacco e Diego Casano, piazza d’onore a Cristian Colanera, Enrico Querci e Alessandro Boddi. Abbiamo chiesto all’istruttore Benelli come stanno procedendo le cose in questa disciplina sportiva: «Premetto che solitamente quando qualcuno fa qualcosa pensa che quella cosa sia la migliore del mondo, tuttavia credo anche che i judoka avrebbero qualche ragione in più per considerare il loro sport il più bello, e la loro passione, quella in cui le energie sono meglio riposte. Forse è questo il motivo per cui si è sviluppato in qualunque parte del mondo, diventando l’arte marziale senza dubbio più diffusa. Io poi sono anche convinto che i bambini che fanno judo, di solito, vanno anche meglio a scuola».
«Come noto, gli sport sono stati genericamente suddivisi in virtù delle abilità richieste, in “Open Skill” e “Closed Skill”; sono dette open skill quelle abilità che si estrinsecano in un ambiente variabile e difficilmente predicibile (influenzate cioè da eventi esterni) – aggiunge Benelli motivando la sua ultima affermazione -. Una delle fonti di maggiore variabilità, ad esempio, deriva dalla presenza dell’avversario. Negli sport closed skill invece l’ambiente esterno è stabile e il gesto può essere riprodotto per conformarsi il più possibile ad uno standard ideale. Tra questi due tipi di abilità si situano quelle dette mixed placed, che si svolgono in un ambiente semi predicibile. Questo è il caso del judo in cui siamo difronte ad una combinazione di richieste decisionali influenzate dall’esterno e di controllo motorio (gesto tecnico) in cui però, i processi di problem-solving assumono maggiore rilevanza ovvero il cosa fare prevale sul come fare. Mentre si combatte è come se si facesse una breve partita a scacchi, con decisioni pressoché istantanee, e questo abitua la mente del giovane, alla risoluzione dei problemi».
Eppure il judo fatica a diventare uno sport di cui si parla con continuità, come in genere avviene per altre discipline ritenute più popolari, come il calcio: «La risposta che viene spesso data è che nel calcio girano più soldi, ma a mio avviso è un po’ troppo superficiale. Come al solito, quando si cerca dei responsabili, come prima cosa non possiamo far altro che guardarci allo specchio. Il problema dei judoka/federazione di riferimento è che dobbiamo scendere dal piedistallo che ci siamo creati; se non ci avviciniamo alla gente rimarremo sempre ai margini, quindi vediamo come fare. Muoviamoci in tutte le direzioni senza pensare di essere dei supereroi».