GROSSETO – «L’Alleanza delle cooperative italiane (Aci) ritiene che anche nel territorio provinciale grossetano si debba iniziare a utilizzare il “codice etico degli appalti”, a fronte dei numerosi casi nei quali la pubblica amministrazione, dai singoli comuni come Follonica a Manciano, egli enti come il Parco della Maremma, chiede ai partecipanti un ribasso esclusivamente sul costo del lavoro per l’espletamento di servizi culturali e turistici». A parlare sono Antonio Terribile (nella foto sopra), Deborah Caramelli, Sandra Fracchia. «Crediamo che il costo del lavoro non possa essere una variabile comprimibile a danno dei lavoratori – proseguono -, in quanto le modalità con cui deve essere realizzato il servizio richiesto dall’appalto rendono necessaria l’attivazione di rapporti di lavoro dipendente, e non altro, pena l’impossibilità dell’aggiudicatario di rispettare la normativa vigente in materia di CCNL».
«Ma succede ancora di peggio, com’è successo recentemente con il bando per servizi e supporto alle attività culturali dei Musei civici di Follonica – si legge nella nota -. In questo caso, infatti, il contratto collettivo nazionale viene praticamente ignorato, nonostante sia il punto di riferimento per la categoria e per la qualifica professionale degli operatori; tanto che la base di gara prevede un costo del lavoro così basso – 10 € circa all’ora, con richiesta di ribasso – da renderlo di gran lunga inapplicabile per ogni tipo di contratto vigente. La ditta aggiudicataria che ha vinto a Follonica ha presentato un ribasso del 20%, portando il costo del lavoro a circa 8 euro all’ora. Ci chiediamo quale possa essere la paga netta che percepiranno i lavoratori. Tutto questo è inaccettabile, e pertanto chiediamo che nel nostro territorio ci sia maggiore attenzione e rispetto delle regole nella definizione dei bandi di gara sotto soglia, nel rispetto delle professionalità e delle capacità progettuali delle imprese cooperative che sono in grado di risolvere i problemi alla pubblica amministrazione. Naturalmente, a patto di non essere considerate imprese del terzo mondo disposte al dumping sociale».