di Sabino Zuppa
PORTO SANTO STEFANO – Ancora degli strascichi sulla questione del paradossale spostamento dei traghetti per l’Isola del Giglio da Porto Santo Stefano a Talamone. Questa volta ad intervenire è Argentariol@b che si dichiara sicuro che «il dibattito non cambierà l’attuale attracco da Porto Santo Stefano e la relativa rotta, ma evidenzierà una duplice sconfitta per l’Argentario. L’opinione di chi crede che la situazione di Porto Santo Stefano, in caso di spostamento dell’imbarco a Talamone, possa migliorare in termini di viabilità e di sviluppo economico fa chiaramente capire che si è persa un’occasione. Ossia quella – continua il portavoce Michele Vaiani – di riuscire, soprattutto negli anni del boom turistico della nostra zona, ad organizzare i flussi turistici per le isole in modo da non pesare sulla vivibilità del paese e anzi da renderli volano di attività economiche».
«Se non si è riusciti a creare una ricettività turistica di servizio per quanti usufruiscono del traghetto, perché dovrebbe essere possibile un’alternativa sugli spazi lasciati eventualmente liberi? Dovrebbe essere la politica locale a dare un segnale in questo senso – dice lui – ma la nostra amministrazione vive di inerzia. Un esempio è quello di non aver mai fatto pressione sul governo circa l’istituzione di una tassa d’imbarco: se le isole possono tassare quanti sbarcano sul proprio territorio (una tassa di soggiorno ad hoc), perché i porti di partenza, che soffrono comunque dei disagi, non possono avere questa possibilità impositiva? Oppure perché non si è mai chiesto delle agevolazioni sui biglietti per i nostri residenti al pari di quelli del Giglio? Infine non capiamo perché dev’essere il Comune isolano a influire sulla pianificazione urbanistica del nostro. Benché crediamo sia un esercizio inutile parlare di spostare i traghetti – conclude – dovrebbe essere semmai il nostro Comune a dare la linea programmatica sul proprio porto e quindi a dire se vuole o meno la stazione marittima per i traghetti. Invece di andare a ruota per mancanza di un’idea propria di futuro».