GROSSETO – Con l’audizione di testimoni che la sera del naufragio intervennero all’Isola del Giglio, è ripreso oggi a Grosseto il processo sulla Costa Concordia che vede imputato Francesco Schettino per la morte di 32 passeggeri, le lesioni di altre decine, per il disastro navale. E’ la prima udienza ‘operativa’ del 2014, dopo il rinvio di quella del 13 gennaio scorso, che fu aperta e subito chiusa a causa dello sciopero nazionale degli avvocati penalisti italiani. Il comandante Schettino è presente in aula: finora, dall’inizio del processo, non ha mai saltato un’udienza a parte quella dello sciopero. Secondo il calendario del tribunale, sono previsti davanti ai giudici come testimoni l’ingegnere Ennio Aquilino, comandante dei vigili del fuoco di Grosseto; Roberto Galli, comandante dei vigili urbani dell’isola; Andrea Bongiovanni, l’ufficiale di coperta della nave che teneva le comunicazioni con la terraferma.
“Quando riuscimmo a salire a bordo della Concordia non sapevamo se la nave potesse rimanere stabile, era un mondo rovesciato, intorno all’1 di notte, c’erano ancora 700 persone da evacuare. Ci affidammo a Santa Barbara e devo dire che ancora una volta non ha tradito le aspettative”: così l’ingegner Ennio Aquilino che coordinò i soccorsi e gli interventi al Giglio, dalla sera del naufragio a mesi successivi, ha ricordato stamani al processo di Grosseto la fase delle operazioni sulla Concordia. ”La certezza che la nave sarebbe rimasta stabile l’avemmo soltanto il mese successivo – ha proseguito Aquilino -. Lavorammo per settimane anche col timore di pericoli per i sommozzatori impegnati in attività speleo-alpine subacquee”. ”Eravamo solo noi, i vigili del fuoco. Ci muovevano all’interno con un filo d’Arianna, un cordino di nylon per non smarrirsi. Se si fosse tagliato, qualcuno poteva rimanere bloccato, la parte immersa era completamente buia”. Aquilino ha ricordato che ”nonostante che la nave si stesse deformando ora dopo ora, si passava attraverso pertugi pericolosissimi che potevano modificarsi e richiudersi: una volta è successo, a prua. Allora ci facevamo avanti con microcariche esplosive”.
Aquilino ha ricordato di aver percorso con i suoi uomini ”la nave da prua a poppa”dopo esser ”salito da una biscaggina che pendeva dalla prua” e di ”non aver incontrato alcun ufficiale della linea di comando”. ”C’era – ha continuato – soltanto gente dell’equipaggio che non parlava italiano, ma inglese e francese approssimativo”. Aquilino, nel tempo, ha anche sottolineato di aver ”assistito al ritrovamento di tutte le 31 vittime su 32 recuperate finora”. Domani altra udienza. Per la prima volta ci saranno dirigenti di terra di Costa Crociere: previsti Paolo Mattesi, responsabile della safety di Costa Crociere; poi l’ex co-indagato (posizione archiviata), Paolo Giacomo Parodi, ispettore tecnico nonché ‘fleet superintendent’ dell’unità di crisi; l’avvocato Cristina Porcelli, dell’ufficio legale di Costa. Dopo essere sbarcato sullo scoglio del Giglio, a Francesco Schettino fu offerta per due volte una barca per andare sottobordo alla Concordia, ma lui non accettò perché ”rispose che doveva rimanere a controllare la sua nave”. Lo ha raccontato un nuovo testimone dell’udienza del processo di Grosseto, il comandante dei vigili urbani del Giglio Carlo Galli che la sera del naufragio coordinò la protezione civile sull’isola. ”Raggiunsi lo scoglio dov’era Schettino con altri naufraghi, un centinaio – ha detto Galli rispondendo al pm Alessandro Leopizzi – Gli dissi che l’avrei portato al porto del Giglio per imbarcarsi su un gommone con cui andare sottobordo alla Concordia ed eventualmente potervi risalire. Ma mi disse no, mi rispose che doveva rimanere a controllare la sua nave”. “Quando gli ho ripetuto l’invito – ha proseguito Galli -, che sarei stato in grado di portarlo sotto la nave, un secondo ufficiale della Concordia, che era lì con lui, commentò che era una buona idea provare a tornare a bordo. Ancora Schettino ribadì di no, che lui doveva restare lì. Intanto davanti a noi un elicottero della guardia costiera stava evacuando col verricello delle persone, segno che c’era altra gente a bordo”. Lo scoglio è quello della Gabbianara, prospiciente la nave ormai rovesciata. ”Schettino era asciutto, non gli altri con lui – ha anche ricordato Galli – Mi ricordo che aveva due cellulari, forse uno scarico, allora chiese il mio, ma non glielo prestai, mi serviva per coordinare i soccorsi. Portammo via i passeggeri, con lui rimasero in uno, due ufficiali” della nave. “Non so con chi parlasse Schettino al telefono, e non ho visto se avesse oggetti con sé”, ha anche detto Galli rispondendo alle parti civili. I difensori di Schettino hanno insistito affinché Galli spiegasse se il comandante avesse chiesto di far arrivare direttamente davanti allo scoglio una barca, ma il comandante dei vigili ha risposto negativamente.