di Daniele Reali
FOLLONICA – Si trova nel cuore del Parco di Montioni, ma come un corpo estraneo non ne fa parte. È la vecchia cava di quarzite, o meglio quello che rimane della cava, perché da anni è in atto un progetto di ripristino ambientale che di fatto prevede il riempimento del “vuoto” creato dall’opera dell’uomo. Il progetto di recupero della cava è diviso in moduli: quello più grande rientra nel piano di ripristino iniziato nel 2005. Da allora con i gessi rossi prodotti dalla Tioxide viene riempita la cava realizzando dei gradoni che a progetto completato dovrebbero tornare ad accogliere la vegetazione.
Un progetto che da tempo ha l’attenzione dei comitati ambientalisti del territorio e in particolare dell’associazione “La Duna” che dopo la richiesta ufficiale ai sindaci di Scarlino Maurizio Bizzarri e Follonica Eleonora Baldi, ha avuto accesso alla cava: insieme ai primi cittadini dei due comuni stamattina i rappresentanti dell’associazione hanno così visitato l’area oggetto del ripristino.
«Dal 2005 ad oggi – dice il geologo Simone Lisi – il progetto è stato completato per due terzi. In teoria ci vorrebbero ancora quattro anni per portare a termine i riempimenti». Ma come funziona il riempimento? In pratica ogni giorno decine di camion arrivano alla cava e depositano i gessi rossi che poi vengono posizionati. Le spese di carico, trasporto e “abbancamento” sono a totale carico della Tioxide che poi paga anche 45 centesimi a tonnellata a favore delle Badnite di Scarlino, che gestiscono il ripristino e che vigilano da mattina a sera sulla cava (nella foto in alto da sinistra Simone Lisi, Maurizio Bizzarri, Eleonora Baldi).
Un’opera importante che però non è l’unica che è stata attivata nel sito di Montioni. Sempre nell’area della cava infatti il “modulo 1” detto di “Poggio Bufalaia” ha già subito un intervento di ripristino e lì in quel caso la vegetazione è già ricresciuta anche se come hanno sottolineato anche gli ambientalisti «ci sono soltanto rovi invece delle piante e degli alberi che costituiscono la macchia mediterranea in questa zona».
La situazione di Poggio Bufalaia infatti è piuttosto complicata. «Il ripristino – dice Patrizio Biagini, direttore delle Bandite di Scarlino – era a carico della “Follonica Cave e Mniere” che hanno completato il progetto solo nella prima fase. Adesso manca la collocazione di una recinzione che protegga l’area dagli animali, la realizzazione di un impianto di irrigazione e la piantumazione di vegetazione». Un intervento sul quale è aperto anche un contenzioso al Tar tra la provincia e la società “Follonica Cave e Miniere”.
«Mi fido del progetto che è in atto – ha detto Eleonora Baldi – anche se bisogna sempre stare attenti alle preoccupazioni che arrivano anche dalla società; si può sicuramente sempre fare meglio soprattutto per quanto riguarda i controlli, ma per il momento mi sembra che il progetto proceda bene».
Tra i siti “bonificati” all’interno della cava anche la vasca di discarica che è stata sigillata e che era stata utilizzato in passato per lo stoccaggio di rifiuti non pericolosi tra cui anche la cenere dell’inceneritore di Valpiana.
(per ingrandire cliccare sulle foto)
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