GROSSETO – «Abbiamo accolto con gioia la notizia della sentenza, ma la gioia è durata poco. Il tempo di varcare la porta del laboratorio della nostra azienda. Volevamo riappropriarci simbolicamente del nostro lavoro ed invece siamo state ricondotte alla realtà da quello che i nostri occhi hanno visto: le catene completamente vuote, mancava perfino il filo da cucire nelle macchine, trasandatezza e sporco ovunque. Le agende delle capo sezioni testimoniavano della pochissima attività svolta in questi mesi». Inizia così il racconto delle Rsu di sponda Cgil di Abbigliamento Grosseto. La ferita sulla vicenda Mabro è ancora da rimarginare, malgrado la “vittoria”, in aula di tribunale. «Siamo passate in attimo dall’euforia di una vittoria conquistata a caro prezzo alla consapevolezza di una realtà difficile, alla prospettiva di tante altre battaglie da affrontare per raggiungere il nostro vero obiettivo, non la Prodi, ma un futuro dignitoso. Un osservatore esterno non avrebbe notato la differenza, ma negli occhi delle compagne abbiamo letto la nostra stessa preoccupazione».
Per le Rsu arriva quindi il momento di analizzare la realtà: «Dalla Regione Toscana ci hanno lasciato nella condizione che l’azienda, Abbigliamento Grosseto, può vantare solo la nostra professionalità, mentre il marchio, le macchine per produrre ed i locali sono di proprietà del concordato (o del futuro fallimento, lo vedremo la prossima settimana) di Royal Tuscany. Barontini, fallito per la seconda volta, perché per lui è un fallimento a tutti gli effetti, insieme all’amministratore Santoro, hanno completato l’opera, lasciando dietro di loro casse e magazzini vuoti. Ci sono poi amministratori che incontreranno il commissario, ma che rifiutano di ragionare di sviluppo del nostro territorio, fondamentale anche per il futuro della Mabro. Sindacalisti che belavano come pecore si sono ora strasformati in ruggenti leoni. E’ ricomparso anche Favilli con ipocrite dichiarazioni ed al quale ricordiamo che la Mabro non l’ha realizzata lui, ma Manlio Brozzi, ma che in compenso con gli altri accoliti ha pesantemente contribuito a distruggerla. Siamo a sua disposizioni per ricordargli pubblicamente quanto è avvenuto. Intanto nessuno ha mai dichiarato che la nostra Mabro ha tutte le caratteristiche per produrre ricchezza, non per vivere di assistenza e nessuno ha commentato, approfondito o criticato veramente il nostro documento che lo sosteneva citando dati precisi».
Le Rsu vorrebbero poi andare a fondo sulla vicenda «Un ex-socio lancia tramite la stampa chiare minacce di rivelazioni. A chi sono indirizzate le minacce? E soprattutto la principale di tutte le domande, quella da cui tutti fuggono: chi sono i veri proprietari di Abbigliamento Grosseto, nascosti dietro le fiduciarie e perché si nascondono? Non è esatto affermare che la Prodi bis è ora la nostra ultima chance, come se prima della sentenza ce ne fossero altre. Da oltre un anno siamo coscienti che questa è la unica e sola strada possibile. Per questi motivi ci stiamo già muovendo per procurare commesse alla gestione commissariale, il nostro futuro dobbiamo conquistarcelo».
«Per questi motivi ricomporremo la indispensabile unità sindacale solo con il rinnovo della rappresentanza sindacale, elezioni che debbono essere democratiche, quindi senza alcuna salvaguardia per chi non raccoglie consensi. Sul tavolo del Ministero sarà in gioco il nostro futuro, quindi diciamo chiaramente che non permetteremo che la partita venga gestita senza la rappresentanza delle lavoratrici e dei lavoratori – concludono le Rsu -. Abbiamo perso inutilmente sei mesi grazie a chi ha sostenuto anche l’insostenibile, a chi continuava a ripeterci che il problema maggiore era la mancanza di unità sindacale e inoltre ci sembra di rivivere l’esperienza dei passaggi a Movies e poi a Abbigliamento Grosseto. Deve essere chiaro che non rifaremo gli stessi errori e questa volta non delegheremo alcuno».