di Lorenzo Falconi
MAREMMA – Sono 26 le famiglie italiane bloccate in Congo da mesi, tra queste ce n’è anche una maremmana. Cresce l’apprensione per una vicenda internazionale sempre più problematica e al limite dell’assurdo. Dopo aver completato l’iter per l’adozione nel paese africano, le famiglie si sono recate in Congo, ma in questo momento non possono tornare in Italia. L’unica soluzione consentita dal governo congolese è quella di fare ritorno a casa lasciando in Africa i figli adottati. Una vicenda incredibile che interessa anche una famiglia maremmana che vive a Milano ma è originaria di Santa Fiora. Marito e moglie che dopo una lunga procedura hanno avuto l’autorizzazione per poter adottare due sorelline di 5 e 6 anni, si vedono negato il diritto di rientrare a casa con quelli che sono i propri figli. C’è tanta preoccupazione, quindi, per le sorti dei propri cari, interessati alla vicenda, anche in Maremma. «Mia sorella è partita il 7 novembre, doveva rientrare il 4 dicembre, ma è ancora bloccata in Congo – racconta preoccupata una donna maremmana che sta vivendo da vicino questa brutta esperienza -. Dovevano partire ai primi di ottobre, ma poi tutto è stato posticipato e adesso il Congo ha bloccato le adozioni».
Con il Paese africano sono ancora in corso le trattative per sbloccare la questione, ma il clima di guerra intestina che interessa la nazione non agevola il compito e la situazione rischia di precipitare da un momento all’altro. «Non siamo tranquilli – precisa la donna in ansia per le sorti della vicenda che riguarda la sorella -, il clima di tensione che interessa il Congo non è certo dei migliori, anche per fare la spesa hanno bisogno di essere scortati dalle forze dell’ordine». Emerge preoccupazione anche per alcune condizioni difficili del vivere quotidiano, come la carenza di farmaci e l’acqua che scarseggia. Non c’è nessuna data, quindi, nessuna certezza sul possibile ritorno a casa, con l’avvicinarsi del Natale che pone altri interrogativi. «Quasi certamente i funzionari italiani che vivono in Congo faranno ritorno a casa in questo periodo – viene precisato – e c’è il rischio che sulla questione non ci sia la dovuta attenzione».
Della vicenda si è interessata anche il ministro dell’integrazione Cecile Kyenge, in stretto contatto con la Farnesina cercando di spingere il governo di Kinshasa verso la risoluzione positiva del problema. Per questo all’indirizzo internet (QUI) è stata attivata una petizione rivolta proprio al ministro dell’integrazione e a quello degli affari esteri Emma Bonino, per tentare un manovra che faccia sbloccare la situazione. «Ci sono voluti 5 anni a mia sorella e a mio cognato per completare l’iter dell’adozione – conclude la donna -, dopo un percorso ricco di ostacoli e difficoltà non possono tornare a casa senza figli». Una riflessione che colpisce e riguarda anche l’animo dei bambini, per loro sarebbe un secondo abbandono (la foto che illustra questo articolo è di V.Cantini).