GROSSETO – «Quello di Cont e Serra, di candidare anche la Maremma a capitale europea della cultura era un progetto utopistico e affascinante che le istituzioni hanno snobbato, e oggi che la Maremma è stata scartata dal Ministero dei Beni Culturali saranno contente». Commenta così il consigliere comunale di orizzonte civico Andrea Ulmi l’uscita di Grosseto dalla rosa delle città candidate a diventare Capitale europea della cultura per il 2019. Sul tema cultura Ulmi chiede all’amministrazione «un confronto serio» mentre attacca la Fondazione toscana spettacoli «che sceglie per noi le cose che dovremo vedere». Ulmi ricorda la proposta della campagna elettorale «portammo a Grosseto l’attrice Paola Quattrini, che si disse pronta anche a trasferirsi nella nostra città pur di vedere realizzato il progetto di una compagnia professionistica di stanza nel teatro Moderno, in grado di allestire spettacoli ben oltre il periodo novembre-aprile entro cui è confinata la stagione teatrale a Grosseto. Questo ci avrebbe consentito di uscire dai “soliti” circuiti e di agganciarne altri di altrettanta qualità e dal controllo della Fondazione Toscana Spettacoli e favorire scambi produttivi con altri teatri stabili».
«In tempi di crisi invece dovremmo essere coscienti che favorire la cultura soprattutto locale non è solo motivo di crescita e consente di tenere alta l’attenzione sulla dimensione interiore degli individui, ma può essere anche strumento di occupazione – prosegue Ulmi -. A Grosseto non ci sarebbe stato bisogno neppure di inventarsi nulla, dato che dal 2000 esiste un Teatro Stabile. Da quando il centrosinistra è tornato ad amministrare la città la Fondazione Toscana Spettacoli è diventata l’unico soggetto titolato a mettere mano al nostro cartellone e non è che faccia beneficenza, ma viene profumatamente pagata dal Comune (cioè da tutti noi grossetani) per allestire una proposta. Se invece sfruttassimo il Teatro Stabile risparmieremmo e saremmo nelle condizioni di destinare ulteriori risorse sempre alla cultura o ad altro settore della vita amministrativa».
Ulmi commenta poi l’acquisto del teatro Moderno: «Un’operazione che costa alla collettività milioni di euro, una svenatura che non ci ha fatto fare il salto culturale promesso, ma sta servendo soprattutto come location per il processo a Schettino. Ci sta a dare spazio e credito ad una realtà che a Grosseto esiste già da tredici anni? Oppure dovremo continuare a farci dettare l’elenco di ciò che a Grosseto si può vedere in teatro dalla Fondazione Toscana Spettacoli senza un minimo apporto, un intervento critico, una regia locale?»