GROSSETO – Una condanna secca «senza mezzi termini» è quella di Angelo Gentili, della segreteria nazionale di Legambiente, che stigmatizza l’uccisione, in Grancia, di un cane selvatico, trovato legato senza vita. «Non è con atti cruenti, legali o illegali, che si risolve la difficile questione dei predatori degli ovini, che sta soprattutto negli ultimi mesi mettendo in seria difficoltà gli allevatori maremmani. Ribadiamo con forza che uccidere un predatore, di qualsiasi tipo, è comunque un reato penale e non ha alcun senso farsi giustizia da soli in questo modo».
“I continui attacchi da parte di predatori di greggi nella realtà maremmana – continua Gentili – sono per la maggior parte dovuti non a lupi ma a cani inselvatichiti e ibridi. Il lupo è invece un animale protetto (tutelato da leggi nazionali e internazionali) ed è assurdo (come è stato già fatto in Francia con costi elevatissimi e risultati di lievissima entità) proporre una campagna legale di abbattimenti. Bisogna allo stesso tempo sostenere e coadiuvare gli allevatori che vivono un momento di grande difficoltà e che rappresentano, dal nostro punto di vista, un importantissimo presidio del territorio. Occorre effettuare un attento controllo del randagismo canino al fine di ottenere in tempi brevi una drastica riduzione del fenomeno».
«Gli allevatori sparano ancora – afferma invece Giacomo Bottinelli responsabile Lav Grosseto -. Un cacciatore e un allevatore. E’ questo senza dubbio l’identikit di chi ha sparato al canide trovato morto il 2 novembre scorso. Qualcuno che evidentemente ha un allevamento in quella zona e che ha compiuto un gesto di vendetta nei confronti del presunto responsabile di attacchi alle greggi. E’ un reato che prevede fino a due anni di carcere. L’animale, ritrovato con le gambe legate dal filo di ferro, è adesso all’istituto zooprofilattico in attesa di capire se si tratta, difficilmente, di un lupo, o più probabilmente di un semplice cane o di un ibrido».
«Il colpevole è senza dubbio da cercare tra gli allevatori della zona, incrociando i dati con quelli di chi ha il porto d’armi: cacciatore e allevatore insieme – dichiara Bottinelli -. La violenza e la pericolosità di questi individui è sempre più evidente ed è necessario che se ne prenda atto a livello istituzionale. Il caso è simile a quello del cane ucciso ed esposto in piazza l’anno scorso a Roccalbegna».