di Barbara Farnetani
GROSSETO – Sono trascorsi 47 anni da quel 4 novembre 1966 in cui la città fu invasa dalle acque piene di fango dell’Ombrone. Erano stati giorni di piogge, poi alla fine, alle 7.45, il fiume ruppe gli argini in ben tre punti e allagò la città. Il centro cittadino fu invaso dall’acqua, abitazioni, locali, bar. Le immagini di quei giorni con il corso che fa da argine ad un vero e proprio fiume, gli oggetti trascinati via, gli animali morti nelle campagne. Proprio per salvare la mandria morì Santi Quadalti, buttero alla fattoria Acquisti, che si gettò nelle acque per aprire il recinto e far fuggire gli animali e invece perse la vita assieme a quelle bestie che voleva salvare.
La città, travolta e violata, con l’acqua che in alcuni punti raggiungeva e superava i tre metri, si rimboccò le maniche. Non venne nessuno da fuori ad aiutare i maremmani, non eravamo a Firenze, non cerano libri antichi o opere d’arte, c’era la vita di ogni giorno, i bar, le case, le aziende artigiane. I grossetani si rimboccarono le maniche, salvarono il salvabile, spalarono il fango. «I miei genitori (che erano i titolari del Caffè nazionale) – afferma Laura Cutini – videro spazzato in un’ora il lavoro di 20 anni. Loro rimasero sulle mura, e furono ospitati dai miei zii mentre io e Silvia rimanemmo in casa in via dei Mille con la nonna». E proprio per ricordare quei giorni al Caffè Nazionale a Grosseto, è stata allestita una mostra con le foto inedite scattate dagli ex proprietari del bar, foto inedite che, in parte, vi proponiamo in questo servizio e che sono state gentilmente concesse dalla famiglia Cutini.
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