di Lorenzo Falconi
GROSSETO – La scadenza del 4 novembre è sempre più vicina. Da quel momento in poi, tutto sarà più chiaro, certamente non in maniera definitiva, ma in ogni caso alla ex Mabro, si potranno delineare quelle strategie per un futuro che resta sempre molto incerto. Il tempo stringe, insomma, e l’udienza convocata in tribunale sul concordato preventivo richiesto dall’azienda, e prorogato poi di 60 giorni, potrebbe segnare un punto di non ritorno. Spetterà al giudice decidere quale strada l’azienda dovrà imboccare, almeno in questa prima delicata fase. Sul piatto della bilancia pesa, dall’altra parte, la decisione da prendere sulla questione Prodi bis, procedura invocata da politici (di qualsiasi schieramento), sindacati (di qualsiasi sigla) e lavoratori (sia chi sta dentro come chi sta fuori), ma sempre scartata dalla proprietà. Insomma, dietro l’angolo ci sono una serie di scadenze ravvicinate che inevitabilmente potrebbero cambiare ancora lo scenario di Abbigliamento Grosseto.
Ma la vera battaglia, in ogni caso, si gioca sul tavolo della salvezza dell’azienda. Il fallimento, infatti, è una delle ipotesi che da tempo aleggia come uno spettro sulla ex Mabro. Per questo su più fronti sono aperte le trattative per cercare una via d’uscita. La proprietà si sta muovendo, a quanto pare, sul fronte degli investitori stranieri con cinesi e thailandesi in prima linea. Trattative dall’esito sempre molto incerto e che non hanno mai convinto lavoratori e sindacati, perché anche dal punto di vista strategico e imprenditoriale, sarebbe più conveniente attendere un fallimento o una Prodi bis per rilevare l’azienda. Guarda in campo nazionale, invece, la Cgil, come preannunciato da Furio Santini durante l’assemblea pubblica sul documento presentato dalle Rsu in relazione al futuro dell’azienda. Per questo motivo si è già tenuto un primo incontro con una imprenditrice del settore tessile che potrebbe aggiungere un contributo alla causa. Anche in questo caso però, diventa l’attivazione della Prodi bis lo snodo cruciale per mettere in campo nuove proposte ed eventualmente nuove forze.
Aspetti che si aggiungono al destino degli oltre 200 lavoratori, tra mensilità non ricevute, acconti elargiti con il contagocce, cassa integrazione e scioperi. La divisione tra chi quotidianamente presta servizio in azienda, convinta che solo la continuità produttiva possa salvare l’azienda e chi invece porta avanti il vessillo della protesta, appare ormai insanabile, anche se le opposte fazioni, alla fine, sono accomunate dallo stesso destino. Un destino sempre troppo incerto e appeso a un filo, a partire anche dal capannone di via Senese finito sotto sfratto. La Marcolana, società di proprietà di Barontini, deve pagare l’affitto alla Royal Tuscany, ma essendo fallita, il debito ricadrà su Abbigliamento Grosseto che in precedenza aveva subaffittato proprio alla ditta dell’imprenditore pratese. Un’altra situazione ingarbugliata che avrà come ulteriore sviluppo la data del 30 gennaio. A quel punto però, potrebbe essere già tardi, prima, infatti, c’è da valutare cosa accadrà il 4 novembre, mentre il tempo stringe inesorabile come una morsa che rischia di stritolare una delle aziende simbolo della Maremma.