GROSSETO – «Siamo stanchi di sentire gli appelli all’abbattimento di lupi e cani da parte degli allevatori, quando è chiaro che la responsabilità degli attacchi alle greggi è in massima parte degli allevatori stessi e della loro gestione dei cani, lasciati liberi di vagare ed attaccare altri animali». Questo il commento di Giacomo Bottinelli, responsabile LAV Grosseto, all’ennesima richiesta di interventi venuta dai pastori nell’assemblea di Scansano di giovedì scorso. «Premesso che l’allevamento ovicaprino in Maremma genera innumerevoli morti e sofferenze di agnelli e che il consumo di carne deve essere superato per motivazioni sia etiche che ambientali, la LAV e le associazioni ambientaliste hanno lavorato con la Provincia per un piano di controllo del randagismo suggerendo varie azioni – dichiara Bottinelli – tra le quali campagne di sterilizzazione e controllo dei cani padronali negli allevamenti. La soluzione non sta negli abbattimenti, ma nel portare gli allevatori e i cacciatori ad un comportamento responsabile che purtroppo dubitiamo assumeranno».
«Dall’altro lato i sindaci e le ASL, tra i principali attori del controllo del randagismo individuati dalla Legge nazionale e regionale, non espletano nella maggior parte dei casi i propri compiti di prevenzione – prosegue Bottinelli – omettendo di svolgere quelle azioni basilari indicate dalla legge stessa che costituirebbero un argine alla proliferazione degli animali andando anche a ridurre la spesa delle amministrazioni per il loro mantenimento in canile».
«LAV, ENPA, WWF, Legambiente, LAC e altre associazioni– prosegue Bottinelli – hanno evidenziato chiaramente nel proprio contributo al piano provinciale che l’utilizzo dei cani per la caccia è una delle fonti del randagismo ben identificabili. Ad esempio la caccia al cinghiale in braccata comporta che tra i numerosi animali che vengono lanciati all’inseguimento della preda il rischio di allontanamento senza ritorno di uno o più di questi sia elevato. L’allevamento ovi-caprino comporta invece una deliberata assenza di controllo dei cani da parte dei gestori al fine della protezione (vera o presunta) delle greggi».
L’Ente Nazionale Protezione Animali ha condotto una indagine interna nel 2011 nei canili e nei rifugi gestiti direttamente dall’associazione. Il 25% dei cani ospitati, trovati randagi o vaganti, sono quelli utilizzati per la caccia mentre in alcune strutture questo dato sfiorava il 50%.
Di fronte a questa situazione il Governo, in merito ad un Ordine del Giorno relativo ai presunti danni causati dalla fauna selvatica e in particolar modo dai canidi ha recentemente approvato una risoluzione con cui impegna lo stesso “ad intervenire con urgenza presso le competenti istituzioni locali per approntare una efficace strategia per ridurre il fenomeno del randagismo e, stanziando le opportune risorse, per l’ormai improcrastinabile applicazione della legge n. 281 del 1991, recante «Norme per la tutela degli animali di affezione e la prevenzione del randagismo», la cui inadempienza è la causa del fenomeno dei cani inselvatichiti ovvero a procedere, laddove necessario, all’esercizio dei poteri sostituitivi, nonché al commissariamento delle regioni e dei comuni che persistano nella inadempienza alla stessa legge n. 281 del 1991”.