di Lorenzo Falconi
GROSSETO – Una protesta annunciata, ma non per questo priva di significato. Non era la prima e forse non sarà neanche l’ultima. I dipendenti della ex Mabro protestano a gran voce davanti al cancello delle fabbrica (nella foto a destra), la crisi senza fine in cui da tempo è entrata l’azienda rischia di portarsi via tutto come un fiume in piena, compresi i loro posti di lavoro. E’ una mattinata come le altre per l’Abbigliamento Grosseto, non lo è invece per chi protesta a gran voce, circa un centinaio di dipendenti, con i cori a volte sovrastati solo dal rumore dei fischietti, il segnale che contraddistingue lo stato di agitazione, ma anche la rabbia delle operaie, malgrado questo sentimento così fastidioso sia diventato ormai un compagno di viaggio scomodo da sopportare. Fanno rumore i dipendenti perché il loro disagio venga finalmente ascoltato, consapevoli che il rischio dell’ennesima protesta da far cadere nel vuoto è qualcosa di estremamente concreto.
Attimi di tensione quando la soglia del cancello è varcata da Benedetta Bertellini (nella foto a sinistra), direttore del personale di Abbigliamento Grosseto, ma in realtà la protesta nei suoi confronti è civile, con le maestranze che chiedono spiegazioni in merito all’atteggiamento dell’azienda e a quale piano è in atto per il futuro. Domande dirette, a tratti pungenti come lame. E’ in quel momento che cresce l’imbarazzo della dirigente che abbassa lo sguardo e si lascia andare ad uno «stiamo lavorando» che appare vuoto di significato alle orecchie dei lavoratori e al quale ormai i dipendenti non credono più. Bertellini poi, supera il gruppo di operaie in protesta e scivola verso la propria autovettura, inseguita dalle domande: lo sguardo torna ad alzarsi, ma la sua bocca resta chiusa.
Le istituzioni sono assenti, così come i sindacalisti, alcuni di loro giustificati da altre situazioni scottanti che il mondo del lavoro attuale propone quotidianamente anche in provincia di Grosseto. C’è però Fabrizio Rossi (nella foto a destra), capogruppo di Fratelli d’Italia in consiglio comunale che da tempo sta seguendo la vicenda Mabro. Ha scelto di essere presente per dare sostegno e massimo appoggio alla protesta dei dipendenti. «E’ un dramma aziendale, ma anche familiare, di coloro che da mesi stanno vivendo una situazione di disagio – afferma Rossi -. Purtroppo lunedì l’attuale amministrazione comunale certificherà un aumento di tasse che colpirà proprio i soggetti più deboli. Rispetto le divisioni sindacali, ma qua appare evidente che si sono presentati una serie di manager che hanno promesso mari e monti. A Grosseto non abbiamo gli anelli al naso, Santoro è l’ennesimo specchietto per le allodole». Tra i presenti c’è anche Flavio Agresti, coordinatore provinciale di Sel: «Stiamo seguendo la vicenda che è stata oggetto anche di iniziative parlamentari, da porte nostra c’è interesse per una battaglia emblematica che il simbolo della difesa del diritto al lavoro in provincia di Grosseto».
Intanto la protesta si sposta e migra sul prato (nella foto a sinistra), davanti alle finestre degli uffici aziendali. I cori di scherno sono in gran parte dedicati a Maurizio Santoro, è lui il bersaglio preferito in qualità di amministratore unico di Abbigliamento Grosseto. All’apparenza sembra quasi che l’imprenditore pratese Andrea Barontini sia caduto nel dimenticatoio, ma non è così: «Il signor Barontini prende dall’azienda uno stipendio elevato – tuonano le operaie in rivolta -, mentre noi non sappiamo come far quadrare i conti e pagare le bollette. Vergogna!». Già, vergogna: una parola pronunciata troppe volte nella vicenda Mabro, al punto che anche il suono, ormai, appare familiare a chi non si stanca di dar voce alla protesta.