di Lorenzo Falconi
GROSSETO – «Ci siamo anche noi», è questa la frase più ricorrente in fabbrica, le quattro parole che a volte vengono anche gridate dalle maestranze che quotidianamente prestano servizio alla ex-Mabro. «Siamo le lavoratrici di Abbigliamento Grosseto che hanno deciso di scommettere sulla sopravvivenza dell’azienda. Sinceramente ci meraviglia, e allo stesso tempo ci fa male, vedere che il nostro operato mai è stato oggetto di un minimo di approfondimento, di una riflessione, di una partecipazione da parte della comunità grossetana e delle istituzioni che la governano. Forse stare vicino a chi fa rumore dà più visibilità che affiancarsi a chi silenziosamente lavora». Il riferimento alle istituzioni e all’appoggio ricevuto da una sola parte dei dipendenti, ovvero chi sta fuori dall’azienda e sciopera, è più che chiaro, per questo le lavoratrici parlano dal posto di lavoro, dove è stata convocata una conferenza stampa e ci tengono a ribadire alcuni concetti, mentre sono intente nella loro opera produttiva, «Siamo in 86 qua dentro – dicono – e non è vero che facciamo solo tre capi al giorno come si vuole far credere».
«Nei giorni scorsi, è stato dato appoggio alle nostre colleghe che portano avanti una rivendicazione contro la ex Mabro, e per questo una parte di loro è in sciopero. Non vogliamo in alcun modo dare giudizio sull’adesione all’iniziativa, né sulle forme di lotta delle, ognuno è libero di fare le proprie scelte assumendosene le responsabilità – spiegano in una lettera firmata da 67 dipendenti e letta ad alta voce-. Vogliamo però chiedervi se quella che avete fatto è una scelta di solidarietà, o una scelta di campo. Nel primo caso non avremmo niente da eccepire, anche se crediamo che una tale scelta richieda cautela, perché simili forme di lotta distruggono senza costruire. Se invece la vostra fosse una scelta di campo allora vi diciamo chiaro e forte, non vi condividiamo»
Una presa di posizione che attacca direttamente Bonifazi e le istituzioni con una serie di domande a cui le maestranze chiedono risposte dirette: «Il sindaco invita a “non spegnere i riflettori sulla ex Mabro”, ma dove erano le istituzioni quando la gestione era in mano a Movi’s e Royal Tuscany? Dove erano le istituzioni quando Royal Tuscany in 18 mesi di gestione ha fatto 24 milioni di euro di debito? Come mai Fidi Toscana è indagata? Come mai, chi doveva controllare non l’ha mai fatto? Quali interessi ci sono dietro la chiusura di questa fabbrica? In questi casi, dove erano finiti i “riflettori”?». Domande che verranno poste ai diretti interessanti questo pomeriggio, dato che alle 17.00 è attesa la visita in fabbrica di Bonifazi, mentre alle 18.30 sarà la volta del presidente della Provincia Leonardo Marras.
«Non siamo sicure che la nuova gestione risolva i problemi – proseguono le maestranze -, ma per ora qualcosa si è mosso, gli stipendi stanno tornando, certamente non regolari, magari con acconti e saldi finali, ma siamo pagate per quello che lavoriamo. Voi amministratori schierati, cosa fate per tutti i lavoratori della nostra provincia che non sono in sciopero ma che hanno perso il lavoro e non sono supportati da nessun tipo di ammortizzatore sociale?». Differenze di trattamento che non sfuggono alle lavoratrici della ex Mabro, intente nella continuità lavorativa: «Se vogliamo arrivare alla tanto sbandierata Prodi bis, c’è bisogno che la fabbrica stia aperta – concludono le dipendenti in azienda – non certo di persone che vogliono chiuderla a tutti i costi. Vogliamo che la nostra lotta per tenere aperta Abbigliamento Grosseto sia una lotta vittoriosa».