SCARLINO – «Il superamento dei limiti (e più in generale il malfunzionamento dell’impianto dal momento del suo avvio) costituiscono un fatto grave, le cui cause devono essere rimosse. L’impianto deve funzionare correttamente e deve rispettare i limiti tecnologici assegnati». Arpat interviene sugli sforamenti dell’impianto di Scarlino Energia che avevano portato alla chiusura temporanea dell’attività, per tranquillizzare la popolazione. «Arpat ha iniziato un percorso di approfondimento a largo raggio per valutare se il superamento dei limiti delle emissioni delle diossine al camino possa aver determinato significativi impatti sull’ambiente e sulla salute. I limiti – precisa – sono limiti tecnologici e non sono né limiti ambientali, né limiti sanitari. Esempi di limiti sanitari e/o ambientali sono i valori limite della qualità dell’aria, i valori limite per le acque potabili e per gli alimenti. Sono limiti sanitari anche quelli stabiliti a tutela dei lavoratori. Vi sono anche limiti ambientali, ad esempio per evitare che in un corpo idrico sia presente, oltre ad una certa concentrazione, una sostanza che non ha effetti sanitari negativi, ma è nociva per l’ecosistema».
«I limiti sanitari e/o ambientali hanno lo scopo di ridurre, al di sotto di un livello giudicato congruo – precisa Arpat -, gli impatti ambientali o sanitari che possono derivare da attività antropiche o anche da fenomeni naturali. I limiti tecnologici si basano invece sulla possibilità pratica di ridurre le emissioni dei vari inquinanti. Vengono cioè imposti dei limiti raggiungibili sulla base dei rendimenti conseguibili con i ritrovati tecnologici più avanzati ed economicamente sostenibili. Non possono essere imposti limiti tecnologici tali da non potere essere rispettati con le tecnologie disponibili, ma se le emissioni con gli attuali limiti tecnologici sono tali da causare rischio di superamento dei limiti sanitari ciò deve essere valutato in fase di VIA e può comportare modifiche agli impianti, l’adozione di ulteriori sistemi di abbattimento delle emissioni, fino alla pronuncia di VIA sfavorevole».
«Per gli impianti di incenerimento i limiti tecnologici sono assai restrittivi ed in genere più restrittivi di quelli fissati per altre attività industriali – puntualizza Arpat -. Ciò fa sì che l’effetto delle emissioni sulle matrici ambientali sia assai limitato ed influenzi in modo minimo lo stato ambientale preesistente ed in particolare la qualità dell’aria. Il superamento di tali limiti (e più in generale il malfunzionamento dell’impianto dal momento del suo avvio) costituiscono un fatto grave, le cui cause devono essere rimosse. L’impianto deve funzionare correttamente e deve rispettare i limiti tecnologici assegnati».
«Ma qual è stato l’effetto del malfunzionamento e del superamento dei limiti alle emissioni – si chiede Arpat -? La quantità totale di inquinante emessa è determinata da quanto le singole linee dell’impianto hanno funzionato. Dato che le due emissioni hanno funzionato per un periodo limitato (28 giorni l’emissione E1 e 95 giorni l’emissione E2) l’effetto degli sforamenti è stato ridotto. Si tratta sicuramente di un fatto grave che può avere portato, nel caso peggiore (ma scarsamente probabile), ad una emissione di diossina nell’ambiente pari a circa un anno di funzionamento dell’impianto secondo i limiti autorizzati. Non vi possono essere quindi stati effetti acuti a breve termine. Le quantità emesse sono state comunque una piccola frazione della quantità di inquinante che l’impianto è autorizzato ad emettere nell’arco della sua vita utile e non è quindi pensabile che ad oggi possano esservi stati effetti di accumulo negativi. A conferma si ricorda che i primi risultati relativi al periodo di riavvio dell’impianto hanno riscontrato un’emissione pari a circa 1/5 del valore limite.
«Vi sono quindi due possibilità – ricorda Arpat -: l’impianto per il futuro rispetta il limite, fatte salve situazioni eccezionali, ed allora l’emissione complessiva, nonostante gli episodici sforamenti, sarà con ogni probabilità ampiamente inferiore ai flussi di massa autorizzati; l’impianto non è in grado di rispettare il limite e finisce per essere definitivamente fermato. Sta al gestore, alla Provincia come ente preposto al rilascio dell’autorizzazione ed all’ARPAT come ente di controllo verificare tempestivamente che l’impianto al momento della sua ripartenza funzioni correttamente rispettando i limiti di emissione e che eventuali condizioni anomale vengano individuate tempestivamente e corrette, garantendo la massima trasparenza di tutto il processo. Arpat ha dunque predisposto un programma di monitoraggio che si affiancherà a quello dell’azienda. Sono già disponibili lo studio modellistico ed il primo campionamento della concentrazione di diossine in aria. Il documento, che si può trovare a questo LINK, riporta come si è proceduto alla valutazione modellistica e quali sono stati i risultati di questo approfondimento. Attualmente l’impianto emette 25 volte meno dei valori emissivi utilizzati per le stime di cui sopra».