a cura di Simone Pazzaglia
Michele Marchiani รจ un amico, un appassionato di politica svolgendo incarichi nel comune di Scarlino, uno scrittore. Eโ molto altro ancora ma vi consiglio di andarvelo a conoscere meglio attraverso il suo ultimo romanzo โLe orme del Tiburziโ edito con il Foglio. Con Michele abbiamo avuto fin da subito quelle cosรฌ dette affinitร elettive ed รจ per questo che vi presento con piacere il suo viaggio a bordo di un maggiolone attraverso lo Yucatan. Buona lettura a tutti!
Per partecipare a Capo Nord inviate anche voi le vostre storie di viaggioe le vostre foto al nostro indirizzo di posta elettronica:ย caponord@ilgiunco.net.
Yucatan, memorie di viaggio
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Ci sono di quelle zanzare che si fanno tranquillamente i gargarismi collโAutan, poi ti sorridono sottintendendo โรจ tutta questa la tua magia, uomo bianco?โ. La vacanza procede con allegria. Lโunico guaio sta nel fatto che la stagione secca ci sta somministrando piรน acqua piovana di una stagione umida londinese. Carla ed Io abbiamo risolto di accessoriarci contro il maltempo. Ci siamo procurati due ponchos, stile Emiliano Zapata, di Nylon ritagliati allโoccorrenza su mio design. Il tutto รจ stato confezionato dalla mano sapiente di un tendero della Quintana Roo. I ponchos sono corredati da una funzionale bustina di cellofan per la cabeza.
Come dicevo, il nostro prezioso maggiolone (prezioso per il prezzo, ovviamente) ci ha consentito di raggiungere le mete che non ci eravamo concessi sotto forma di escursione organizzata. Per primo abbiamo visitato Tulum. Raggiunte le rovine archeologiche ci siamo infilati in mezzo ad un gruppetto di turisti ed abbiamo approfittato aggratis della guida. A Tulum si doveva stare piuttosto bene allโepoca, prima dellโarrivo degli ispanici. Erano stati infatti banditi i sacrifici umani, alcuni cinghiali ne facevano le spese. Inoltre cโรจ una spiaggette fantastica, il posto ideale dove smutandarsi e balneare. Tulum mi รจ piaciuta. Mi รจ piaciuta piรน di Coba, che avrei visto pochi giorni dopo, anche per il motivo che due delle due ore e un quarto trascorse a Coba sono state inondate dal piรน brutale nubifragio che non abbia mai avuto modo di osservare. Ma torniamo a una versione dei fatti piรน cronologica.
Dopo la visita a Tulum, siamo infilati, in maniera quasi accidentale nella riserva biogenetica di Punta Allen. Io, come stimato naturalista, posso affermare che si tratta di unโarea molto interessante. Mostra, il luogo, una consistente popolazione di avvoltoi grandi e grossi come tacchini. Eโ possibile osservare unโampia differenzazione di specie floristiche, ed anche le specie ornitologiche non scherzano in fatto di biofferenzazione.
Per arrivare a Punta Allen occorre fare una sessantina di chilometri di strada sterrata e mal ridotta. Il maggiolone ha superato la prova di slancio, anche se non era facile. Raggiunto lโinsediamento umano abbiamo visto che si trattava di un villaggio di pescatori. Qui abbondano i gringos che non sanno una parola di spagnolo (e tanto meno di lingua Maya) che hanno acquistato delle cabaรฑas con due lire e te le affittano a costi da Grand Hotel.
Vale comunque la pena di trattenersi per la notte. Il posto รจ favoloso, quasi disabitato e il tempo scorre molto lentamente. Possedere un orologio รจ inutile, fantastico no? La sera abbiamo mangiato in una sorta di ristorantino improvvisato, piรน improvvisato che ristorantino. Il nostro oste ha avuto la faccia tosta di affogare una ricca parte della nostra pietanza in un fiume di sanguinescente e stucchevole ketchup. La nostra pietanza era costituita da eccellenti freschissimi crostacei, inutile tentare di quantizzare quanto ho odiato quellโuomo.
La mattina successiva sarebbe stato possibile fare un giretto in barca con tanto di immersioni suggestive. Sarebbe stato possibile, dicevo, in realtร il tempo ha volto al peggio. Io e Carla abbiamo optato per dirigerci verso la civiltร . Cosรฌ ci siamo diretti a Coba.
Coba รจ stupenda. Eโ immersa in un bosco dal quale, come funghi, spuntano le testimonianze architettoniche Maya. A Coba abbiamo subito unโinesorabile doccia meteorologica che ci ha confinato per la maggior parte del nostro tempo sotto un fottuto chioschetto ai piedi della grande piramide, bagnati e senza sigarette.
Siamo fuggiti precipitosamente, il luogo si era mostrato di unโinospitalitร esagerata.
-Cazzo, consideravamo, dal momento che questa รจ la stagione secca. Domani non puรฒ che essere una giornata stupenda-
La notte la passammo a Playa del Carmen con lโintenzione di imbarcarci per lโisola di Cozumel per il mattino seguente. Playa del Carmen รจ un posto perfettamente uguale a tutti i posti turistici del mondo, occidentali ed orientali, caraibici o mediterranei. Eโ un posto senza niente di interessante da segnalare a parte i prezzi alti. Fatto sta che la mattina successiva al risveglio siamo stati alluvionati di nuovo. Non cโera nessuna possibilitร di raggiungere Cozumel in traghetto. Ci siamo incamminati per Playacar (abbreviazione da segnale autostradale) in cerca di una colazione e di un impermeabile che appagasse le nostre necessitร . Eโ stato in quellโoccasione che dalla mia fervida mente รจ scaturito il progetto del ponchos antialluvionale.
Lโumore era un poโ sceso. Non ci aspettavamo che il diluvio, in piena stagione secca, pretendesse di sconvolgere tutti i nostri piani. A quel punto abbiamo deciso di dare una botta rivoluzionaria ai nostri progetti. Abbiamo caricato in maggiolone tutti i nostri possedimenti e abbiamo fatto rotta verso il Golfo del Messico, dalla parte opposta della penisola, destinazione Progreso. Io avevo sentito parlare del posto in un libro di Cacucci, non da lui in prima persona, bensรฌ da un tale che parlava con lui e che esaltava la bellezza del posto. Cosรฌ Carla ed io con il maggiolone, che a questo punto si era giร trasformato in una specie di box da campeggio, ci siamo messi in viaggio.
Il maggiolone traboccava di oggetti. Convivevano panni bagnati che conferivano odori non propriamente esotici, valige semisbudellate allo scopo di ripescare qualcosa di utilissimo che, erroneamente, era stato disposto nel fondo del contenitore. I due ponchos sgocciolavano allegramente sul tutto e in qualche anfratto dellโauto doveva pur esserci una bottiglia dโacqua ed un paio di pacchetti di tacos. Last but not least di tanto in tanto, negli angoli strategici facevano capolino pacchetti di Marlboro Lights messicane, abbastanza piรน cattive, ma assai piรน economiche delle nostre.
Tagliammo, quel dรฌ, lโestremitร settentrionale della penisola da una parte allโaltra. Ci concedemmo una sosta a Valladolid. In tutti i paesi ispanici cโรจ almeno un Valladolid. Abbandonammo lโautopista e raggiungemmo il centro della cittadina. Qui abbiamo scorto due mangiatoie. Una del tipo abbastanza europeggiante, lโaltro un poโ piรน sudiciotto e tipico. Io mi sarei fiondato nel secondo, ma mi trovai costretto a subire la coercizione di Carla. Mangiammo nel posto apparentemente, secondo Carla, migliore. Entrato dentro cominciai ad insospettirmi. Cazzo, non cโera un indigeno; erano tutti fottuti turisti. Deglutisco e penso:
-Ora ci stangano-
Invece dal menรน traspaiano prezzi accettabili. Non ci siamo, la fregatura devโessere nella cucina. Infatti la qualitร della pietanza รจ decisamente bassa. Io, come al solito, ingollo la mia porzione come un pitone. Carla ha dei problemi. Lascia congrua percentuale di cibo nella scodella e non digerisce da manuale. Accusa disturbi di varia natura. Il viaggio prosegue in direzione di Merida e, poi di Progreso, con lโaccompagnamento delle sue proteste, sia vocali che gastroduodenali.
Nella serata raggiungiamo Progreso:
-Che razza di scherzo รจ questo?- Il posto รจ una cittร di medie dimensioni tipo porto industriale. Il mare รจ sconvolto dal maltempo e assume colorazioni marroni a causa del fondale sabbioso. Lโunica soddisfazione in questo posto, dal mio punto di vista, consiste nella constatazione di essere, insieme a Carla lโ unico viso pallido reperibile. Occupiamo una stanza da quattro dollari a notte, abbandoniamo lโauto di fronte al portone dellโalbergo in modo che non ci venga sottratta furtivamente. Lascio dieci pesos al guardiano per fargli controllare il mezzo e, lo stesso otto secondi dopo sta giร dormendo in un sonno tipo coma irreversibile fino al mattino seguente.
Ci concediamo una passeggiata nella cittadina. Tutto sommato a me piace, รจ un posto vivo, vivo e nientโaffatto artificiale. Brutto, ma simpatico, si direbbe rivolgendosi ad un essere umano. Contratto con un commerciante un superbo paio di sandali da mare e successivamente cโinfiliamo in una locanda per cibarmi. Carla, ancora sensibilizzata dai disagi del pranzo, borbotta. Dopo cena ci attende una passeggiatina dโordinanza prima di tornare in albergo. Saranno appena le undici e il guardiano dorme imperturbabile.
Il mattino seguente scappiamo da Progreso in direzione di Merida, la Parigi del Messico. Il soprannome รจ tuttโaltro che casuale, Merida รจ estremamente elegante dal punto di vista architettonico. Devo dire che รจ molto ben organizzata anche per ciรฒ che riguarda la viabilitร . Sembra uno schema da battaglia navale, o meglio, da parole crociate con gli orizzontali e i verticali numerati. Eโ una cittร grande e molto viva. Oltre alle bellezze architettoniche che potrete riscontrare osservando qualsivoglia deplianto del sito a Merida sono convogliate tutte le principali produzioni artigianali dellโinterno. Eโ possibile esplorare botteghine di cooperative di artigiani con prodotti tipici in fibra dโAgave. Gli artigiani sono molto amichevoli anche perchรฉ, va detto, sperano che tu compri qualcosa. Mi hanno mostrato le foto dei laboratori allโinterno della penisola. Tuttavia si sono ben guardati dal riferirmi come raggiungerli.
Abbiamo approfittato dellโopera di una peluquera. Il negozietto era gremito di Indios che hanno ritenuto divertente la nostra presenza. Una coppia anziana ha voluto essere ritratta in fotografia. Eโ venuta stupendamente espressiva. In veritร io avevo estratto la macchina solo per immortalare le operazioni di pota. Ho fatto delle belle foto. Io, ho fatto delle belle foto; Carla le ha sbagliate tutte. A parte questo si era creata una bella confidenza coi presenti. Un tizio addirittura mentre aspettavo le ultime cesoiate alla chioma mi ha offerto un giornaletto porno per ingannare lโattesa. Terminato lo sforbiciamento abbiamo guadagnato lโuscita tra strette di mani e abbracci. Abbiamo raggiunto il nostro grintosissimo coche ed abbiamo abbandonato la Parigi messicana in direzione di Chichen Itza.
Abbiamo raggiunto il posto mezzโora prima dellโorario di chiusura. Abbiamo risolto si attendere lโindomani per la visita. Il guardiano ci ha segnalato la presenza di strutture alberghiere interne allโarea di interesse archeologico. Noi abbiamo cortesemente declinato lโinvito per problemi di natura finanziaria. Abbiamo trovato rifugio a Pistรจ, una localitร vicinissima. Qui abbiamo trovato una stanzina estremamente economica, ma abbiamo dovuto dividerla con unโimponente popolazione di zanzare, fameliche come iene. Il barattolo di Autan serviva solo per tentare di percuoterle tirandoglielo dietro.
Il paese era piccolissimo e tranquillo. Cโerano un totale di quattro gatti. La gente con noi parlava spagnolo, ma tra di loro vociferavano esclusivamente in lingua Maya. Abbiamo cenato decisamente presto. Eravamo stanchi, avevamo girato per tutto il giorno. Io ho scelto dove mangiare perchรฉ ogni opinione di Carla, dopo lโindicazione del ristorante in Valladolid era reputata inattendibile. Abbiamo consumato cena e in men che non si dica ci siamo rifugiati nello zanzarificio fino alla mattina seguente.
Il mattino seguente ci siamo svegliati decisamente presto, abbiamo raccolto le nostre cose e abbiamo fatto il nostro glorioso ingresso nel parco archeologico di Chichen Itza. Siamo arrivati nel momento dellโapertura e la cittร museo era praticamente deserta. Qui sรฌ che scherzavano poco, altro che Tulum; una sconfitta al Juego de la pelota voleva dire sayonara, kaput, rien ne va plus, se acabรฒ, the end come suggeriscono i simpatici reperti che mostrano immagini festose di vincitori che tengono ben alte le teste dei giocatori sconfitti. Teste senza il resto del corpo va detto, io penso che il proverbio โsfortunato al gioco, fortunato in amoreโ sia arrivato molto dopo.
Abbiamo scalato eroicamente โEl Castilloโ. Abbiamo girovagato come anime erranti. Abbiamo deciso di abbandonare la zona quando i Pulman carichi di altri turisti hanno cominciato ad assediare il luogo, ivi scaricando il loro pericoloso contenuto umano. Una volta a bordo del nostro impagabile (perchรจ siamo poveri) utensile di locomozione abbiamo fatto rotta su Puerto Juarez al fine di imbarcarci per Islas Mujeres. Prima abbiamo cercato un posticino fuori area per acquistar cartoline a prezzi decenti. In effetti un posto non turistico a buon mercato lo abbiamo trovato. Lรฌ delle cartoline perรฒ non cโera neanche lโombra. Cโerano un sacco di iguana in mezzo alla strada, ma non รจ esattamente la stessa cosa. Abbiamo fatto una ricca colazione ed abbiamo levato le tende.
Abbiamo abbandonato il maggiolone in un parcheggio a Puerto e ci siamo imbarcati per lโisolotto. La traghettata รจ stata breve ed abbiamo raggiunto meta prima dello sperato. Abbiamo fatto un giro per lโisola con una barchetta a nolo. Credo che si tratti di un giro abbastanza standard, perรฒ รจ stato ugualmente bello. Ho visto quantitativi di pesci che nemmeno al mercato in Bangkok avevo contato. Ho visto lโequivalente ittico presente nella sommatoria dei sogni dei pescatori dal tempo dellโinvenzione del filo di Nylon. Allettati dalla visione. subito dopo ci siamo recati in una baracchetta di pescatori a sbaffarci un bel Barracudozzo, slurp. Il posto era favoloso io e Carla vi abbiamo cercato rifugio per la notte, aimรจ senza risultato. Le camere economicamente abbordabili dellโisola erano state giร assediate, maledizione. A malincuore rieccoci sul traghetto, in direzione di Puerto Juarez per, poi, cercare asilo chissร dove.
E lo abbiamo trovato, lโasilo intendo. Il mattino successivo saremmo andati a Cozumel. Cercavamo rifugio nei pressi del luogo dโimbarco, cioรจ Playacar, e lรฌ lo abbiamo trovato. Senza troppo gioire abbiamo passato la notte in un hotel costoso. Annesso allโalbergo cโera un bunker antiatomico. Io non lโho visto, non sรฒ se ci hanno pelato quarantatrรฉ fottuti dollari per detta tranquillizzante presenza o se hanno dovuto inventare la panzana del bunker per giustificare la fregatura che ci stavano propinando.
La mattina seguente era una bella giornata, meno male. Ci siamo diretti verso lโimbarco. Abbiamo lasciato la Volk in un parcheggio a pagamento annesso al nostro noleggio di auto. Abbiamo raccolto lโindispensabile ed eccoci finalmente sul molo. Un istante dopo ci troviamo a conferire con un tizio che proponeva di presentarci un progetto di multi-proprietร in costruzione-vendita. Non poteva fregarcene di meno.
-Per voi ci sono in omaggio i biglietti per Cozumel se manifestate interesse al progetto, poi potete anche rifiutare. Nessuno vi sottrarrร il presenteโฆ-
La cosa alterava il nostro livello dโinteresse al progetto multi-proprietario; ebbene sรฌ, improvvisamente eravamo curiosi.
In Taxi ci conducano allo stabile. Lโesplorazione dello stesso, con guida, ci costa unโora e mezzo del nostro prezioso tempo. Si sono susseguite tre guide tra cui una specie di Gabibbo coi postumi di sbornia che si atteggiava molto trend e ci stava profondamente sui coglioni. Egli era una specie di medley di Yuppy incrociato con tratti di aspirante playboy a sua volta inquinato geneticamente da dna di modesto venditore. Egli ci ha fatto due palle cosรฌ. Per partecipare al giochino io e Carla avevamo finto di essere sposati, di avere entrambi lavoro stabile (al momento ero stabilmente disoccupato, ma mi ero finto promettente ricercatore della mia universitร ). Per un attimo siamo stati sul punto di rivelare la farsa e di darcela a gambe. Poi abbiamo resistito. Alla fine abbiamo dichiarato platealmente che la cosa ci interessava, eh se cโinteressava. Per il momento avevamo sputtanato i nostri possedimenti e non potevamo farne di nulla. Ma la cosa era interessante.
La nostra farsa cโรจ valsa il dono dei due biglietti, in ritardo ci siamo imbarcati per lโisola di Cozumel.
Una volta arrivati abbiamo sputtanato tutto ciรฒ che era stato faticosamente risparmiato con unโescursioncina in barca.
Il paesaggio era bello, specialmente quello sommerso. Si distingueva dallโaltra isola per una maggior ricchezza in coralli. La fauna ittica era invece mediamente piรน scarsa e diffidente. Il fondale risulta assai suggestivo a profonditร maggiori. A quanto ho capito lรฌ vale veramente la pena di immergersi con le bombole.
Il paese รจ piacevole. Abbiamo girellato fino a trovare una cameretta a buon mercato, per la notte e un ristorantino dove fosse possibile mangiare pesce buono, tanto e spendendo poco. Abbiamo pernottato e il mattino seguente siamo andati al mare allontanandoci dal centro. Abbiamo fatto il bagno di fronte ad una scoglierina. Cโรจ passato vicino un Barracuda lungo come me. Sembrava indeciso, ci temporeggiava intorno, incerto se assaggiarci o no. Alla fine a deciso di no, peccato, sarebbe stata unโesperienza singolare. La spiaggetta era abbastanza deserta. Cโerano una famigliola simpatica un tizio con prole ed un nippo-maniaco. Io e Carla disponevamo di una sola maschera in due, cosรฌ sโรจ mi immergevo io restava fuori lei, e viceversa. Quando รจ stato il suo turno di fare snorkeling il nipponico si manteneva nei paraggi. A un certo punto Carla lo ha scorto sottโacqua ancorato ad una roccia con una manina mentre con lโaltra agitava un minuscolo pene praticamente in apnea. Quando, poco dopo, mi ha riferito lโaccaduto ho corso il rischio di pisciarmi addosso dalle risate. Il tizio, si muoveva a piccoli scatti e convulsioncine e mi sono immaginato la scena. Avrei voluto immergermi anchโio, ma dubito che la mia presenza avrebbe potuto costituir elemento di stimolo.
La famigliola era simpatica. Ogni tanto piombavano da noi i pargoletti a chiedere in prestito la maschera. Anche lโaltro tizio era socievole e curioso, ma il vero pezzo da novanta della situazione รจ stato il nippo.
Poco dopo siamo tornati a prendere il traghetto per far ritorno a Playacar. Abbiamo dovuto aspettare. Nel frattempo abbiamo confermato la nostra partenza che, aimรจ, si avvicinava. Raggiunta lโauto abbiamo fatto finta di avere appena noleggiato il mezzo cosรฌ che รจ stato possibile svicolare il pagamento del costo di parcheggio. Una volta on the road ci siamo diretti a Cancun che non avevamo ancora avuto modo di vedere. Non avevamo perso molto, dal poco che ho avuto modo di osservare. A parte la bellezza congenita del luogo, quella che gli indio chiamano โGringopoliโ รจ unโarea profondamente devastata dallโazione umana. Vi sorgono complessi architettonici kitsch e barocchi e arabian e scatoloni pazzeschi di cittร -vacanze. Il posto era unโisola. Artificialmente e contro voglia, per i capricci del Dio Denaro si รจ lasciata ancorare alla terra ferma e adesso non รจ niente piรน che una sorta di paese dei balocchi. Tanto valeva andare a Collodi. Prima possibile siamo scappati da lรฌ e abbiamo trovato sistemazione per la notte in una stanza di Puerto Juarez.
A Puerto abbiamo trovato un posticino eccellente per nutrirsi. Quando un posto รจ cosรฌ pieno di gente indigena e tutti hanno un aria cosรฌ soddisfatta credo che sia possibile fare a meno della guida Michelin.
Siamo andati a letto di buon ora e il giorno dopo, previa restituzione dellโauto ci siamo imbarcati, maledizione, sullโaereo.