RISPESCIA – Un campanello d’allarme da non sottovalutare. Le coste toscane sono da sempre ambite dalle lobby del cemento, sia autoctone che provenienti da fuori regione, e soprattutto quelle di maggior pregio, sono sempre state una naturale attrattiva per speculazioni edilizie di ogni tipo, anche fuori legge. Un interesse illegale confermato dai dati 2012 del Rapporto Ecomafia di Legambientesul ciclo del cemento che vede la Toscana al sesto posto, tra le regioni piu’ colpite con 474 infrazioni, 622 persone denunciate e arrestate e 90 sequestri subito dopo le quattro regioni a tradizionale presenza mafiosa ed il Lazio. A farne le spese, come dimostrano le indagini passate e recenti, sono infatti principalmente l’Arcipelago Toscano, l’Argentario e la Versilia. Tutti i numeri sulla cemento Spa sono stati presentati a Festambiente, festival nazionale di Legambiente in corso di svolgimento a Rispescia nel grossetano. Il capitale “nero”- denuncia Legambiente – finisce nell’edilizia, nelle ditte aggiudicatarie degli appalti, indotto e subappalti compresi. Non è solo la camorra, purtroppo, ad aver messo “occhi e mani” sulla Toscana. Un indicatore di questa anomali arriva dai dati sulle Operazioni “sospette” indicate nella Relazione della Banca d’Italia risalenti 2012:secondo i dati dell’Unità di informazione finanziaria (Uif) le segnalazioni di operazioni sospette complessivamente pervenute all’Unità di Informazione Finanziaria della Banca d’Italia pervenute dagli intermediari finanziari vede in Toscana 4386 operazioni sospette , seconda regione dell’Italia Centrale dietro l’Emilia Romagna, con un aumento del 35% rispetto all’anno precedente ( erano 3546 nel 2011).
«Sono dati, inchieste e relazioni da non sottavalutare – ha dichiarato Angelo Gentili (nella foto), segreteria nazionale Legambiente e coordinatore nazionale Festambiente- la Toscana ha gli anticorpi necessari per respingere gli interessi della criminalità. E’ necessario lavorare bene, presto ed insieme .Occorre combattere il fenomeno con l’informazione e rendere più trasparenti possibili le procedure, con un’attenta verifica delle ditte e facendo attenzione ai subappalti».
L’accentuata dimensione globale delle attività di ecocriminali ed ecomafiosi, la diversificazione delle loro attività illecite, il ricorso sistematico a espedienti tipici della criminalità economica si accompagnano in maniera sempre più evidente con l’altra piaga che affligge il nostro paese e minaccia la nostra democrazia: la corruzione ambientale. Nel complesso, dal 1° gennaio 2010 al 10 maggio 2013, ultimo aggiornamento effettuato, in Italia sono state ben 135 le inchieste relative alla corruzione ambientale, in cui le tangenti, incassate da amministratori locali, esponenti politici e funzionari pubblici, sono servite a “fluidificare” appalti e concessioni edilizie, varianti urbanistiche. Le indagini si sono concentrate nel 40% dei casi nelle quattro regioni dove più forte è la presenza dei clan (Campania, Puglia, Calabria e Sicilia), confermando l’intreccio strettissimo, in quei territori, tra mafia, corruzione e illegalità ambientale. A guidare la classifica come numero d’inchieste è la Lombardia (20) e al quinto posto della classifica, dopo Campania, Calabria e Sicilia, figura la Toscana con 12 inchieste pari al 8,9% del totale, 244 persone denunciate o arrestate e 41 sequestri. E sullo sfondo si intravede la minaccia delle organizzazioni criminali straniere. «Operano nella zona costiera della Versilia soggetti di nazionalità russa – si legge nella Relazione di inaugurazione dell’anno giudiziario 2013 – le cui operazioni economiche, per cospicui investimenti immobiliari, potrebbero riferirsi ad attività di riciclaggio o di reimpiego di somme di provenienza illecita ma, allo stato, ancora di difficile esplorazione in assenza di strumentazioni normative adeguate».