ROMA – «Il decreto del Fare per le infrastrutture grossetane non fa un bel niente». È quanto ha affermato il senatore di Sel Massimo Cervellini, nel suo intervento messo a punto con Valentino Bisconti e Tiziano Baldazzi. Il senatore è intervenuto in aula durante la discussione degli emendamenti sul decreto del fare. «Dopo 40 anni di discussioni, autostrada sì/autostrada no – afferma Cervellini ripercorrendo la storia di questo tratto -, nel 2008 il Cipe approvava, in condivisione con Regione e amministrazioni locali, un progetto preliminare che, seppur con molte problematiche, rappresentava un punto fermo in questo dibattito. Progetto preliminare da 3,8 miliardi di euro a cui è seguito, grazie al taglio totale delle risorse voluto dal governo Berlusconi, un progetto definitivo completamente difforme dal preliminare, con un tracciato incompleto, senza la condivisione dei territori (Provincia di Grosseto e Comune di Orbetello hanno infatti fatto ricorso al TAR contro tale progetto) e che ha come unico pregio, ma solo per il concessionario (SAT), di costare la metà».
«Intanto, a prescindere dal progetto autostradale e dai giochi di Governo, Regione e Sat, per il territorio grossetano sarebbero necessari interventi sull’attuale tracciato dell’Aurelia, rendendone più sicura la percorrenza, perché su quella Statale persiste un’alta incidentabilità. Contemporaneamente è necessaria una forte rivalutazione del trasporto ferroviario e marittimo. Quel tratto di ferrovia, tra l’altro, è già messo in sicurezza ed ha potenzialità di trasporto più che doppia rispetto al traffico cui attualmente è impegnata. Eppure nel recente passato ha subìto tagli enormi in termini di collegamenti e mezzi. Purtroppo però il decreto del Fare per le infrastrutture grossetane non fa un bel niente. Un territorio che come abbiamo visto recentemente con l’alluvione del 2012, è particolarmente delicato e che quindi necessita di attenzione, previsione e prevenzione nel rapporto fra infrastrutture pesanti, piani idrogeologici (e conseguenti interventi complessi di regimazione delle acque) e aspetti paesaggistici. Non si riesce quindi assolutamente a comprendere come qualsiasi cambiamento dell’assetto infrastrutturale locale possa prescindere dalla concertazione con le istituzioni che maggiormente conoscono le caratteristiche del territorio».