a cura di Simone Pazzaglia
Non ruberò molto tempo per raccontare chi è Dario Scafasci, il suo viaggio lo descrive abbastanza bene. Vi basti sapere però che se dovessi scegliere un compagno di viaggio “saccoinspalla” senza ombra di dubbio vorrei lui al mio fianco.
Tutto ricomincia in Messico: la patria di Pancho Villa…. (Messico Guatemala Belize)
Difficile non innamorarsi del Messico (e della messicanità), coi suoi mercati colorati e fantastici, la sua gente gentile e sorridente, il suo Pulque e i suoi Tacos, e tutta la locura di un Paese che ancora incarna i valori di un popolo fiero e sofferente.
Si riparte dal DF, el Distrito Federal, ovvero Città del Messico, che i Messicani chiamano il mostro, un agglomerato di storia, arte, eccessi, inquinamento e poesia, dove 25 millioni di amime vivono e lottano appassionatamente… Non si può viaggiare in questa nazione e non passare per lo meno qualche giorno nella capitale, che rappresenta lo spirito, caotico, esotico e a volte violento, del Messico. Il DF offre una moltitudine di esperienze da vivere: lo maestuosità dello zocalo, la metro affollatissima e barata, i canali storici di Xochimilco (la valle in cui si è sviluppata la città era una volta la sede del lago Texococo), le cantine dove si beve birra e tequila con i locali, lo smog che lo tagli col pattada, il grattacielo piu alto di tutto il centro america, gli ostelli sui tetti, un brulicare di colori, profumi, sfrigolatori e buena onda…. per non dimenticare le vicine piramidi del Sole e della Luna di Teotihuacàn e la loro vista sull’orizzonte infinito.
Incontro Pachito y e Esteban che ci scorrazzano per il Mostro tra mercati, cantine, spettacoli di danze tradizionali e buona comida. Questa città ha un fascino difficile da descrivere.
E’ tempo di partire, dopo 5 giorni… destinazione Zitequaro, alcune ore a Nord Ovest del DF, per ammirare l’incredibile fenomeno di milioni di farfalle che migrano ogni anno dal Canada per svernare e riprodursi sulla vetta di un montagna di 3500 mt presente in questa zona del Messico. Quasi ci lascio i polmoni per scalarmela tutta, però ne vale la pena, ci sono davvero milioni di farfalle, è incredibile. Sarà l’inizio del mio allenamento in questo viaggio. Dopo due giorni schizziamo a Patzcuaro, il paese è niente male, mentre la isla Janitzo sul lago adiacente è assai turistica e niente di speciale… però passiamo un paio di notti da quelle parti.
Dove ci porta el viaje….? A Taxco, il pueblo della plata, l’ argento.
Il posto dove i migliori artigiani di questo paese imparano a lavorare questo metallo, un’arte che si tramanda da generazioni… Un paese arroccato su una collina, e le cui calles i si intrecciano fino a formare un reticolato affascinante nel quale ogni pochi metri spunta un taller di argento o una tienda gestita da nonni e nipoti.
Dopo 4 giorni trascorsi a Taxco decidiamo di visitare il deserto di Tehuacàn, nello stato di Puebla, direzione sud, alcune ore di autobus dal DF. Una biosfera di cactus unica al mondo con un microclima generato da due catene di montagne che formano una valle dove le condizioni climatiche permettono a questi cactus enormi di creare il loro spettacolare habitat… alti fino 5, 6 mt, speci diverse, un paesaggio fiabesco, quasi etereo. Siamo, a parte qualche altra anima, gli unici turisti.
Il giorno seguente ci dirigiamo verso la costa pacifica via Oaxaca.. destinazione Puerto Escondido. E ancora una volta questo posto si rivela speciale… l’oceano imponente che ti culla, la spiaggia immacolata ed immensa, los compañeros e la buena onda con la quale trascorriamo dieci giorni speciali… brasati, felici e rilassati. Celebriamo l’inizio del 2010 danzando fino all’alba su questa spiaggia immensa sotto la luna piena. Che notte. Ahhh Puerto Escodido!
Il 2 Gennaio, a malincuore, teliamo, direzione Zipolite, un villaggio una volta di pescatori, ormai meta di frikkettoni e viaggiatori, un’ora sud. E’ altro felice ritorno, un lodge tutto per noi per 17 euro a notte, amache già pronte per il dolce far nulla con vista sull’oceano.
Cinque giorni di ozio e passeggiate e buona comida, trascorsi tra spiaggia e colectivos per Puerto e Mazunte.
Dopo circa 16 giorni al mare è il momento di sfrecciare attraverso le montagne del Chiapas, terra dei Maya e degli Zapatisti.
Viaggiamo di notte per San Cristobal de las Casas, un viaggio di 17 ore a causa di un camion intraversato nella strada che ci blocca per 7 fottute ore, durante le quali facciamo una siesta dormendo su una coperta sull’asfalto..
S.Cristobal (descrivere San Cristobal ha bisogno di un’altra storia) ci vede protagonisti solo per due notti visto che si passa da 30 gradi sull’oceano a 5 in queste montagne.. ovvero si pipa di freddo.
La tappa successiva è il sito Maya di Palenque con i suoi hongos, avvolta da una nebbia mistica, contemplando le rovine e dormendo nel cuore della giungla con una pioggia alla fine noiosa.
Dopo due giorni viaggiamo verso i ll confine col Guatemala per visitare due siti maya tra i piu remoti in Messico. Yaxchilan y Bonampack, completamente immersi nella giungla, regno delle scimmie urlatrici… dormiamo nell’oscurità della selva… una focada per scaldare la fredda notte chiapateca…
La mattina successiva attraversiamo la frontiera su un fiume, 40 minuti su una lancha il cui motore ansima e scoppietta. Ci timbrano i passaporti alla baracca doganale dell’immigrazione, poi schizziamo su un bus sgangheratissimo verso Flores, cuore del Peten, destinazione Tikal, un altro impressionante sito Maya nel cuore nord orientale della giungla guatmalteca, uno spettacolo all’alba… all ‘una, quando tutta la gente arriva, è il momento di schizzare di nuovo a Flores e godersi la sua pace isolana.
Cambiamo i piani causa mal tempo generale e invece di andare sugli atolli del Belize schizziamo a Semuc Champei, nel direzione ovest…. Alloggiamo in un bungalow umidissimo e muffoso, un generatore fornisce elettricita dalle 7pm alle 10 pm . Un sistema di pozze color acqua verde smeraldo mozza il fiato, nuotarci è da favola… così come lo è esplorare le grotte ricche di piscine e cascate con una candela… salire, scendere, esplorare, due ore tra acqua, stalattiti e oscurità. Non consigliato a chi soffre di claustrofobia e a persone in carne.
Guate, il paese del caffè, dopo tre giorni arriviamo ad Antigua col suo fascino coloniale, scaliamo il vulcano Pacaya e ci inebriamo di vita sul suo suolo polveroso e aguzzo… dormire a mezz’ora dalla vetta, sulla terra nera e selvaggia, con la vista abbagliata dagli altri vulcani che sorgno maestosi all’orizzonte, tra cui Il Fuego, ci toglie il fiato. La mattina saliamo molto vicino al cratere del vulcano, in un terreno costantemente in evoluzione, una palla di fuoco rotola a 15 mt distante da noi… Siamo estasiati e molto incoscienti…
Dopo la zona di Antigua ci spostiamo sul lago di Atitlan, così tanto osannato dai viaggiatori, ora ne capisco il perchè. Staremo qui 10 giorni.
Incastonato tra vulcani, zona dalla varietà di dialetti parlati (si dice che in Guate se ne parlino 24, e lo spagnolo come seconda lingua). Scegliamo come base San Pedro.. una piccola perla… orti, maiali, galline, bar, ristorantini e locali che paiono uscita da una favola, molti stranieri hanno messo radici qui. La magia e la potenza del lago ci lasciano senza fiato. Non ci sono molti turisti ora. Meglio ancora.
E cosi nei dodici giorni che alloggiamo nella favolosa casa sul lago della dolce Gladis per la tremenda cifra di euro 3,5 a notte il lago ci vede protagonisti di esplorazioni, escursioni, passeggiate…. Ci spariamo tutti i mistici paesi intorno al lago, ognuno diverso per qualche cosa.. Panacachel, Santiago, San Marco e il suo new age, Santa Clara, San Pablo…. Esploriamo quel fantastico mercato artigianale che è Chichicastenango, immerso nei colori, nei suoni e nei suoi odori intensi.
Un giorno saliamo sulla Narice dell Indio, una montagna il cui profilo ricorda incredibilmente il volto di una persona… una ora e mezzo di salita per trovarsi nel bel mezzo del caffè delle montagne guatemalteche e godere della vista su questo lago speciale… il suo blu e i suoi vulcani… e se chiudi gli occhi per qualche secondo e poi li riapri pare il paradiso…
Il kaiak sul lago blu, la lezione sul calendario maya del tio Paco, il corso di spagnolo che per una settimana costa quanto la custodia di uno smart phone, si parla di grammatica, vita quotidiana, calcio, valori della vita e della donna…
Le colazioni fantastiche con vista sul lago, le passeggiate a cavallo tra le piantgioni di caffè (il migliore provato in tutto il centro America).
Una villa da paura sul lago a 40.000 eurini, un permesso per aprire una attivita che te lo danno in due giorni, Alfredo il cuoco pazzo dalle 1000 avventure e la pasta fesca coi porcini del lago, mentre la mangio mi pare d’essere in un ristorante della mia terra natia… Joanne alle prese con Montezuma che la perseguita e il teh ammazza tutto…
I campesini con i loro maceti e i loro sorrisi luminosi, la mota bomba e i funghi vecchi (e che cazzo!!)…
A malincuore lasciamo questo luogo dei folletti alla volta di Puerto Barrio, cittadina costa caraibica del Guate…
E’ un altro mondo, si incominciano a vedere i primi Garifuna, discendenti della mescla tra popolazioni creole residenti sulla costa caribena del centro america e schiavi importati dall’Africa nera al tempo della colonizzazione.. vanno a due all’ora, ma aspettate di vederli in Belize!!
Per arrivare a Puerto Barrio passiamo da Guate city, un’ora per cambiare bus, ma è sufficiente, a non farci risucchiare dal suo sudiciume e dalla sua losca identità.
Chi va a Città del Guatemala è per un progetto di volontariato o per prendere un aereo.
Notte forzata a Puerto e il giorno dopo schizziamo in Belize con un bote per punta Gorda, cittadina lenta ed assopita al sud del Belize, porta di ingresso dei viaggiatori provenienti da quella zona per le piu spostate a nord Palencia e Dandriga.
Saliamo su un bus (i classici bus gialli del Belize, scarto degli anni 50 della benestane società nord americana), due ore e mezzo di viaggio in un caldo infernale, tra giungla e campi di mele… salgono i rastoni a vendere limonata e birra ai passeggeri accaldati. Siamo diretti a Sittee River, che e il “paese” da cui ci imbarcheremo per gli atolli Glovers..
Il bus ci lascia in the middle of nowhere…. dove cazzo si trova sta Sittee River.. 7,5 miglia a piedi con gli zaini per raggiungere ‘sto posto..? Per fortuna alla fine rimediamo un passaggio da una afro molto gentile… Sittee River? Quattro case in croce nella selva zanzarosa beliziana… Alloggiamo presso la capanna dello zio tom, che si trova sul fiume piu zanzaroso del mondo…
Andiamo a fare il resto della spesa che ci manca per l’atollo…
Uova tonno pomodori candele e aranci che il ganzo omino nero del caribe ci coglie direttamente dalla pianta…how many do u want, man?? Hehehehe.. Insomma è la notte della vigilia della partenza per l’isola dei sogni… è la notte in cui conosciamo Lizzi e Luca, simpatici vicini di cabaña sull isola, direttamente da Trento… Ce la passeremo bene..
Tre ore di traversata in catamarano per questo sistema di atolli (5, per l esattezza) a 70 km dalla costa, passando in mezzo ad altri atolli..
Quando arriviamo il cielo è grigio, il mare di un turchese immenso risalta ancora di più, sembra una foto da catalogo Alpitour, con una unica differenza, su questa isola ci sono solo 20 persone, un milione di palme, i granchi, i paguri ed i coralli…Non c’è elettricita e acqua corrente, ci si lava coll acqua di un pozzo… e si caca in un cesso compost… si caca e si butta la segatura nel water… della serie caco per non inquinare anzi riciclo..
Alle 6 di pomeriggio fa buio e allora si cucina il pesce fresco e lo scatolame, nella nostra villetta alla Robinson Crusuoe… per colazione cocco fresco direttamente dalla palma accanto alla capanna… Alla mattina si va a vedere gli squali, le stelle marine, i grouper giganti, e le mante e altri migliaia di pesci…
Per fare il giro dell isola ci vogliono minuti 6,5 e, nei sentieri tracciati da conghiglie gigantesche e fantastiche, incontriamo centinaia di amici… paguri grossi come una mano di Joanne..quando li prendiamo in mano per giocarci paiono dirci: cazzo guardi??
La sera, dopo cena, contempliamo la galassia e i suoi milioni di stelle, cosi fitte, luminose e misteriose in questo angolo del mar dei caraibi. A malincuore dopo 6 giorni nell’eden è tempo di fare come Baglioni.
La traversata back to the mainland è la peggiore della mia vita, con delle onde che mi zuppano fino al buco del culo e a volte mi cago addosso. No problem, Becky, il nosto capitano donna sa come addomesticare questo mare… è nata su questa isola e quelle onde sono per lei come due cacatine di topo.. le aggira con una naturalezza innata.
La costa ci offre il volto lento, assonnato e caraibico del Belize il reggae a tutta gallara delle strade di Hopkins, il paesino alla Bob marley di 800 abitanti dai colori bianchi ed azzurrini delle case, i fiori fuxia, le onnipresenti zanzare, l’ostello psichedelico di Kisba, dove un gruppo di ex hippies sulla sessantina (ma poi ex??) celebra alle sei di pomeriggio con cooktails variopinti e ad alta gradazione i pezzi più psichedelici di John Lennon e co…
Su quella veranda blu con Frankie Schiavone il pescatore, io Joanne, Lizzie e Luca e i polli, non ce ne vorremmo mai andare.
Ma dopo due notti e due giorni è il momento di dire arrivederci al Belize e ai nostri amici trentini..
Ahh…. il Belize e la sua salsa piccante Mary Shark. Buona e famosa.
Per non parlare delle marmellate.
Oh Belize!
On the rad again, ci aspetta un lungo viaggio in direzione Leon, Nicaragua.
(per ingrandire cliccare sulle foto)
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