GROSSETO – «In un momento storico così drammatico non si può parlare di finanza speculativa fine a se stessa, anziché concedere credito e liquidità alle piccole imprese che costituiscono il 98% delle aziende italiane». Michela Hublitz, presidente provinciale di Rete imprese Italia commenta così le parole di Mario Draghi che ha affermato “La BCE non può obbligare le banche a finanziare le Pmi. Le banche, infatti, percepiscono le Pmi troppo rischiose e preferiscono investire in titoli di Stato che sono meno rischiosi”. «La BCE – prosegue Hublitz – potrebbe erogare speciali finanziamenti alle banche con vincolo di destinazione alle Piccole e medie imprese. In tal modo si aiuterebbe il sistema bancario a reperire la liquidità necessaria a tassi favorevoli che però dovrebbe essere obbligatoriamente utilizzata per fornire supporto esclusivo al sistema delle imprese. In tal modo si determinerebbe il ritorno alla coesione e al dialogo tra sistema bancario e mondo delle Pmi. Inoltre si stima che le imprese con meno di 20 addetti nutrano crediti scaduti nei confronti della pubblica amministrazione per circa 30 miliardi di euro. Il problema potrebbe essere risolto con modalità semplici e di impatto immediato come la compensazione secca e diretta tra i debiti degli enti pubblici verso le imprese e i debiti fiscali e contributivi delle imprese verso lo Stato».
«Malgrado queste difficoltà, in un contesto in cui la pressione fiscale è sopra ogni limite tollerabile, le piccole imprese sono comunque il motore dell’export made in Italy – precisa Hublitz -. Sulla base dei dati Istat, le vendite all’estero delle micro imprese mostrano un aumento del 6,5% sulla precedente annualità. In assoluto l’incremento maggiore tra i vari operatori commerciali, superiore a quello realizzato dalle imprese più strutturate e di maggiori dimensioni. A livello settoriale, le esportazioni delle micro imprese sono fortemente concentrate nei comparti tradizionali (mobili, preziosi, articoli sportivi, giochi, strumenti musicali e apparecchi medicali). Seguono la meccanica (9,8%) , il tessile e l’abbigliamento (8,8%). Si tratta di merci che presentano un’ alta connotazione artigianale la cui qualità è certificata dal marchio Made in Italy. Ma su quali mercati vendono le micro? Il 71,6% delle esportazioni sono destinate ai mercati europei. Seguono i paesi asiatici, le americhe, l’Africa (con quote pari, rispettivamente, al 10,9%, 8,3% e 7,9%)».
«Anche in Maremma si sono raggiunti eccellenti tassi di crescita di vendite all’estero, infatti le esportazioni provinciali crescono del 9% (Italia: +3,6%), trainate dalla filiera agroalimentare – ricorda Hublitz -; migliora inoltre il posizionamento grafico della provincia, che riesce a intercettare bene i segnali di ripresa emersi nelle americhe, in cui viene piazzato il 37,7% dell’export. In definitiva la distanza geografica non appare un limite all’operatività delle micro imprese che vantano una proiezione internazionale non dissimile da quella delle aziende maggiori. È evidente, quindi, che si tratta di una realtà con ancora notevoli margini di sviluppo sia in termini di numero di imprese in grado di operare sui mercati internazionali stabilmente e non in modo solo sporadico, sia in termini di valore delle esportazioni e per la quale sarebbe auspicabile la creazione di un sistema di “accompagnamento” all’estero pensato appositamente per le piccole aziende».