di Daniele Reali
FOLLONICA – «Non siamo delinquenti, non rubiamo e non ammazziamo». Si sfoga con i giornalisti Elena (nella foto), una delle donne rom della famiglia allargata che dovrebbe essere ospitata nella nuova area attrezzata di Follonica. L’area che è stata al centro di numerose polemiche nelle passate settimane e che è stata al centro del consiglio comunale aperto di ieri, dedicato proprio al “caso Rom” della città del Golfo.
Un tema delicato e molto sentito dai follonichesi: per contestare la realizzazione dell’area, che dovrebbe sorgere nella zona della Mezzaluna, è nato anche un gruppo di persone, il “gruppo Onda” che ha raccolto quasi 8 mila firme contro la delibera del comune per il progetto di integrazione delle due famiglie rom.
«Noi siamo contenti di quello che ha fatto il comune» dice Elena, che in passato ha vissuto momenti veramente difficili. Lei vive a Follonica ormai da molti anni ed è la zia della piccola Danutsa, la bambina di 5 mesi che morì carbonizzata nell’incendio che nel 2007 distrusse l’accampamento rom vicino al vecchio depuratore della città.
«Se commettiamo dei reati – dice ancora Elena – noi andiamo in galera come gli altri. Se siamo qui è perché non facciamo niente di male. Noi chiediamo l’elemosina perché non abbiamo un lavoro, ma se trovassimo un’occupazione lasceremmo perdere l’accattonaggio».
La soluzione dell’area attrezzata di Follonica è soltanto un’iniziativa «transitoria» spiega Renata Paolucci di Opera Nomadi. «Ce ne sono tante in Italia e ce n’è una anche a Grosseto. Qui a Follonica è stato sollevato un caso che non esiste: stiamo parlando di dieci persone, due famiglie che da anni sono qui e che sono state inserite in un progetto di integrazione».
Intanto, come ribadito anche ieri in consiglio comunale, il progetto dell’area attrezzata va avanti e i lavori di completamento si dovrebbero concludere a breve con la collocazione definitiva delle due roulotte, vicino alla linea ferroviaria, e con gli allacci per le utenze di luce, gas e acqua.