GROSSETO – «Quando si verifica che il sindacato è diviso mentre l’azienda rischia di chiudere ed i lavoratori rischiano il posto, il sindacato non sta facendo il massimo per rappresentare al meglio quei lavoratori». Sono le parole profetiche di Giuseppe di Vittorio, che bene si adattano alla situazione della Mabro. Per questo la Cgil propone a Cisl e Uil di applicare integralmente all’azienda di via Senese l’accordo sulla rappresentanza sindacale sottoscritta pochi giorni fa da Camusso, Angeletti, Bonanni e Confindustria, senza perdere altro tempo prezioso. E fin dalla settimana prossima di indicare la prima data utile per il rinnovo delle Rsu che sono scadute da mesi, ripartendo dal principio che per Cgil Cisl e Uil sulle decisioni collettive è vincolante il voto della maggioranza dei lavoratori e non quello che pensano soltanto i propri iscritti, pochi o tanti che siano.
«Il quadro della Mabro è sicuramente complicato, e sta in un contesto locale da emergenza sociale con oltre 25.000 disoccupati, migliaia di cassa integrati, 850 persone a fine ammortizzatori sociali, una disoccupazione giovanile che supera il 30% e moltissimi lavoratori che da mesi non stanno ricevendo lo stipendio – spiega Claudio Renzetti, segretario provinciale di Cgil -. Contesto locale che è uno spaccato fedele della situazione del nostro paese. Come se non fosse già abbastanza, ci hanno colpito le durissime parole di oggi della vicepresidente di Confindustria, Antonella Mansi, che boccia Mabro e la da per irrecuperabile, consigliando la diversificazione produttiva.
«Sappiamo bene che la Mabro non è un ente pubblico e nemmeno una società partecipata, ma un’azienda privata che opera nel libero mercato per la quale non è consentito per legge un intervento diretto del pubblico – osserva Renzetti -. Come Cgil fino ad oggi abbiamo preferito parlare con i fatti: quando Barontini ha discriminato le lavoratrici in sciopero non pagando loro un acconto, e quando non ha concesso la sala aziendale per le assemblee, lo abbiamo denunciato senza esitazioni per comportamento anti sindacale. E in entrambi i casi il giudice ci ha dato ragione, ripristinando le condizioni di legalità».
«Inoltre, Rsu, Cgil, Cisl e Uil, Comune di Grosseto, Provincia e Regione hanno indicato nella Prodi Bis la strada più idonea per tentare di portare l’azienda fuori dal pantano; se il 4 luglio un giudice esaminerà l’ammissibilità di questo strumento è perché la Cgil ha depositato la richiesta presso il tribunale di Grosseto – osserva ancora il segretario provinciale -. Rispettiamo chi ha deciso diversamente e sappiamo bene che è auspicabile che la Prodi bis sia presentata anche dall’azienda, ma non ci ha fatto piacere dover fare questi percorsi vertenziali in solitudine. Tutte le istituzioni sono state esplicite fino ai limiti del brutale, ed è persino banale affermare che per dare maggiori speranze alle lavoratrici dovremmo recuperare un percorso confederale unitario. Lo dobbiamo a quelle 220 lavoratrici. Dimostriamo con fatti concreti che facendo esprimere democraticamente tutte le lavoratrici, iscritte e non iscritte al sindacato, vogliamo ricompattare il fronte e che riteniamo sbagliato l’aver dovuto coniare acronimi quali Rsu Cgil o Rsu Cisl. Che sono una contraddizioni di termini senza analogie nel mondo sindacale, che devono cessare una volta per tutte».
«C’è del lavoro da fare sin da subito, lo abbiamo chiesto al Presidente Rossi, è stato rimarcato anche da Cisl e Uil. Ci è sembrato che la Regione lo abbia recepito – conclude Renzetti -. Per essere precisi, riteniamo che la nuova parte datoriale, che cambia ogni tre giorni, debba indicare il piano industriale, il piano finanziario con particolare riferimento al pagamento degli stipendi arretrati e le prospettive occupazionali. Oppure ci dica se entro il 30 giugno intende presentare la Prodi bis. Infine dobbiamo attivarci presso il Ministero per la cassa integrazione pregressa e futura. Sono problemi di tutte le maestranze, non troveremmo un senso se dovessimo affrontarli separatamente».