FIRENZE – Sovraffollamento, diminuzione degli spazi a disposizione dei detenuti, drastica riduzione delle risorse. Sono gli annosi problemi che continuano ad affliggere il sistema penitenziario, nazionale e toscano, così come sono stati messi in evidenza da una ricerca condotta dalla Fondazione Michelucci e presentata stamattina nel corso del seminario ‘Il carcere al tempo della crisi: il caso della Toscana’. L’incontro, che si è tenuto nello stand della Regione a Terra Futura, è stato organizzato da Regione e Fondazione.
“La crisi del carcere – ha detto l’assessore regionale al welfare Salvatore Allocca – non è soltanto di risorse economiche. La crisi si traduce anche nell’impossibilità del sistema di funzionare efficacemente come ponte con la realtà fuori dagli istituti di pena, nella difficoltà a disporre di luoghi dove dare concretezza alle misure alternative. Non è attraverso il taglio con quella parte di società ‘problematica’ che si risolvono i problemi del recupero sociale e della sicurezza. Il carcere in questo modo finisce per diventare una discarica sociale”.
Secondo la ricerca, la popolazione detenuta in Italia ha raggiunto cifre senza precedenti, ben superiori alle oltre 61mila presenze del luglio 2006, data dell’ultimo provvedimento di indulto. Al 31/03/2013 la popolazione detenuta è pari a 65.831 unità, 4.800 in più del giugno 2006. In Toscana ci sono 4.124 detenuti, erano 4.001 nel giugno 2006. Alla dichiarazione dello stato di emergenza per il sovraffollamento carcerario, 13 gennaio 2010, nelle carceri italiane c’erano 64.791 persone, a fronte di una capienza di 44.073, con un tasso di affollamento del 147% (147 detenuti ogni 100 posti). Lievemente migliore, ma sostanzialmente analoga, la situazione toscana: 4.344 detenuti in 3.233 posti, tasso di affollamento del 134%. Attualmente la situazione è pressochè identica. Il dato nazionale al 31 dicembre 2012 era del 139,7%, quello regionale del 128%, inferiore alla media nazionale anche se la capienza delle carceri toscane è decisamente sovrastimata, come vedremo. In cima alla classifica gli istituti da sempre alle prese col problema, Firenze e Pistoia.
Dal 31 dicembre 2009 al 31 marzo 2013 la capienza del sistema penitenziario nazionale è passata da 44.073 a 47.045 posti, registrando così ufficialmente un aumento di 3.000 posti, pari ad una crescita di oltre il 6%. Anche in Toscana la capienza regolamentare è cresciuta di 331 unità, +11%. Ma in realtà la crescita delle capienze dipende da un diverso calcolo degli spazi disponibili piuttosto che dalla effettiva disponibilità di nuovi spazi i quali invece sembrano essere sempre meno.
Da segnalare invece il calo degli ingressi: dal primo semestre 2010 a quello 2012 è stato di circa il 26% a livello nazionale e di circa il 22% in Toscana. Calo da imputare soprattutto alla consapevolezza del sovraffollamento da parte di chi opera gli arresti, ovvero le forze dell’ordine. Anche l’abrogazione della possibilità di mettere in detenzione, nonché l’arresto obbligatorio, lo straniero in caso di mancata ottemperanza all’ordine del Questore di allontanarsi dal territorio italiano, ha contribuito al calo anche se l’incidenza è stata inferiore rispetto alle attese. Se infatti nel primo semestre del 2010 i detenuti stranieri rappresentavano il 43,9% del totale dei detenuti che entravano nelle carceri italiane dalla libertà (il 57,8% in Toscana), nel primo semestre 2012 questa percentuale era del 42,6% a livello nazionale (e del 62,5% in Toscana).
La riduzione delle risorse viene sottolineata da alcuni dati recentemente diffusi dall’Associazione Antigone. Nel 2007, con una presenza media giornaliera di 44.587 detenuti, il bilancio del Dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria ammontava a quasi 3 milioni e 100mila euro. Nel 2011, a fronte di una presenza media giornaliera di 67.174 detenuti, il bilancio è sceso a poco più di 2 milioni e 760mila euro, con un taglio del 10,6%. I costi del personale sono calati solo del 5,3%, quelli per gli investimenti (edilizia penitenziaria, acquisizione di mezzi di trasporto, di beni, macchine ed attrezzature, etc.) del 38,6% e quelli per il mantenimento, l’assistenza, la rieducazione ed il trasporto detenuti, addirittura del 63,6%.
La sofferenza maggiore è per il mantenimento di attività trattamentali adeguate, come ad esempio l’accesso al lavoro, previsto per i detenuti con condanna definitiva come vero e proprio diritto. Nel primo semestre 2012 a lavorare sono stati 13.278 detenuti, meno di un quinto del totale dei reclusi e comunque una cifra assai inferiore rispetto al numero dei condannati (che al 30 giugno erano 38.771). E’ la percentuale più bassa dal 1991, conseguenza dei drastici tagli del budget previsto nel bilancio del DAP per le retribuzioni dei detenuti che negli ultimi anni si è ridotto del 71%: dagli 11 milioni di euro del 2010 si è passati ai circa 3 del 2013. In Toscana la percentuale dei lavoranti detenuti è pressoché analoga, anche se superiore alla media nazionale, 22,4%. Esiguo il numero dei detenuti che lavorano non alle dipendenze dell’Amministrazione penitenziaria: i semiliberi sono solo 76, quelli che lavorano all’esterno 88, quelli che invece lavorano in carcere per datori diversi solo 8.