GROSSETO – Non ci sono cenni di miglioramento nella crisi che sta tenendo sotto scacco la Maremma e l’Italia intera. Continua il trend negativo, soprattutto nel settore artigiano, che nel primo bimestre 2013 fa segnare un – 113. Sono state infatti 189 le aziende artigiane che hanno chiuso i battenti, a fronte di 79 nuove iscrizioni. «Alla fine dell’anno 2008 il numero delle imprese artigiane iscritte all’Albo (6.358 in totale) cresceva in 21 comuni della provincia su 28 – afferma Renzo Alessandri, direttore Cna -; con la fine dello scorso anno tale rapporto si è completamente invertito: in 21 comuni il numero delle imprese diminuisce, in tre rimane inalterato e nei quattro rimanenti cresce di otto misere unità (il numero delle imprese iscritte è sceso a 6.172). E non sono i comuni marginali a registrare le contrazioni maggiori ma quelli che possono essere considerati le “blue chips” della maremma: Grosseto, Follonica, Castiglione della Pescaia, Orbetello e Monte Argentario tanto per citarne alcuni. Se nel 2005 il fatturato dell’artigianato maremmano superava i 570 milioni di euro (324 di questi fatturati dal settore edile), nel 2012 il fatturato del settore è sceso a poco più di 300 (meno di quanto l’edilizia, da sola, fatturava sette anni prima)».
«Crisi di liquidità e burocrazia sono i due corni del problema – prosegue Alessandri -. Le banche, come si sa, non fanno più credito. Al di la dell’effetto annuncio, il decreto sullo sblocco dei pagamenti della Pubblica Amministrazione (100 miliardi a giudizio della Banca d’Italia) non sembra poter produrre granché. Gli effetti indotti e perversi del patto di stabilità, peraltro, oltre a costringere le imprese ad anticipare le risorse necessarie alla realizzazione delle opere (sette milioni di euro, ad oggi, è il debito maturato dalla sola Amministrazione Provinciale di Grosseto) hanno anche bloccato gli impegni di spesa degli Enti soggetti a tale disciplina (più di 25 milioni quelli che fanno capo al Comune di Grosseto), determinando il rinvio delle procedure di appalto e contribuendo, così, a restringere ulteriormente il mercato».
«Come se ciò non bastasse, la burocrazia provvede a fare il resto. Un settore in crisi per definizione, quello delle costruzioni, è costretto a misurarsi con un ulteriore problema: quello della cosiddetta responsabilità solidale (la norma che rende il committente solidalmente responsabile nel versamento dell’IVA e delle ritenute fiscali eventualmente non versate da appaltatori o sub appaltatori). L’alternativa sarebbe l’autocertificazione, ma comporta oneri (costi di consulenza) che possono raggiungere anche 5 mila euro annui. Siamo in presenza di costi insostenibili (soprattutto per le imprese più piccole) e del tutto ingiustificati. Si continuano ad accollare alle aziende, infatti, oneri e funzioni di controllo che dovrebbero essere propri delle amministrazioni finanziarie e fiscali».