GROSSETO – È prioritario rivedere il ruolo dell’Università in provincia di Grosseto. Lucia Matergi, consigliere regionale della Toscana, risponde alle istanze dei dipendenti del Polo universitario e interviene sulla funzione dell’università a Grosseto. «L’allarme espresso dai dipendenti del Polo Universitario Grossetano, giustamente preoccupati non solo per il proprio presente di cassintegrati ma anche, anzi soprattutto, per il futuro del loro posto di lavoro, suscita l’attenzione immediata di chi svolge in questa città e in questo territorio un ruolo politico»
Matergi passa poi ad analizzare il ruolo dell’Università in provincia. «Meglio guardare laicamente il quindicennio che ci separa dalla nascita della società consortile che nel 1998 dette il via all’Università grossetana che se in una prima fase si è articolata in corsi vari più legati a logiche di visibilità che a coerenze programmatiche, nel tempo ha espresso un progetto culturale più maturo, legato al territorio non solo per raccoglierne i bisogni, ma soprattutto per innalzarne il livello di domanda culturale. In questa ottica sta la riduzione dei corsi di laurea, sta la crescita dei corsi di perfezionamento, sta la specializzazione mirata, uniche strade perché l’offerta formativa non diventi residuale e non rischi di alimentare false speranze di apprendimento e di occupazione per i giovani. Un progetto serio e non rinunciatario, sul quale Comune, Provincia e Camera di Commercio hanno fatto fronte comune e hanno dialogato paritariamente con l’ateneo senese; su quel progetto si è costruita la loro autorevolezza, a dispetto dei numeri non esaltanti delle iscrizioni, dovuti in gran parte ad una storia accademica ancora troppo breve per essere un richiamo».
La crisi della Fondazione Mps «che negli anni, pur con notevoli ridimensionamenti, è rimasta il maggior soggetto finanziatore del Polo grossetano, assicurandone la competitività e lo slancio culturale indispensabili». Non può che aggravare la situazione. «Senza quelle risorse i contributi economici pur importanti delle amministrazioni comunale e provinciale, insieme alla Camera di Commercio, non riuscirebbero a garantire al Polo la continuità di livello formativo, la qualità dei corsi, la possibilità di sperimentare percorsi di ricerca e innovazione; in altre parole, la sopravvivenza».
«Grosseto non ha bisogno di un’università che vivacchia degradandosi culturalmente e alimentando illusioni nei suoi studenti – afferma Matergi -. Se questo è il futuro possibile, occorre il coraggio delle scelte: i nostri giovani hanno diritto ad una formazione in crescita, le amministrazioni pubbliche hanno la responsabilità di assecondarne il percorso. Non è detto che tutto passi dall’università sotto casa, da difendere e sostenere solo se, come ora avviene, ha valore in sé. Quindi gli enti locali hanno due strade percorribili: la prima, più congeniale alla recente storia cittadina, consiste nel cercare soggetti finanziatori alternativi tali da fornire garanzia di continuità del livello qualitativo dei corsi di laurea; la seconda, più ingrata, orienta i contributi finora destinati al Polo universitario verso forme diversificate di sostegno allo studio post diploma, dalle borse di studio alle agevolazioni per trasporti o alloggi in altri atenei. Altre soluzioni reali non si intravedono, a meno di non ridurre un tema così complesso ad una questione di pura visibilità momentanea».
Per Info: www.matergi.it