FIRENZE – «Al di là dello sconcerto che l’immagine di un bambino/bambolotto confezionato come prodotto alimentare possa provocare nella sensibilità delle persone, qui siamo in presenza di una palese violazione di principi fondamentali e pur in assenza di una legge che limiti e punisca campagne di questo tipo, non possiamo accettare che atti così gravi rimangano totalmente impuniti». Questo il commento del Garante per l’infanzia e l’adolescenza, Grazia Sestini, al manifesto choc promosso da alcune associazioni vegane apparso a Grosseto.
Il Garante interviene oggi dopo aver predisposto una lunga e accurata ricerca sulle azioni possibili per porre un freno a simili rappresentazioni. «Nel nostro Paese – scrive in una nota il Garante – non esiste una legislazione che vieti queste rappresentazioni. L’unico appiglio pare essere l’articolo 528 del codice penale che punisce chi fa commercio, distribuisce o espone, acquista, detiene, scritti disegni immagini o altri oggetti osceni». «Ciò nonostante – sottolinea Sestini – chiediamo se non si possa dare una interpretazione estensiva per colmare in qualche modo una lacuna evidente e che può interessare anche altri temi e settori (tra questi la programmazione di trailer particolarmente violenti su cui il Garante è già intervenuto nel dicembre scorso, ndr)».
Da qui la segnalazione che sarà inoltrata alla Procura di Grosseto perché valuti se «esistono gli estremi per un’azione sulla base dell’art. 528 del codice penale e dell’art. 15 della legge sulla stampa (pubblicazioni a contenuto impressionante o raccapricciante ndr)».
Ma l’ufficio del Garante si sta muovendo anche in altre direzioni. «In assenza di una legge – continua Sestini – siamo costretti a ricorrere ai codici di autodisciplina. Documenti la cui sottoscrizione è volontaria ma che dovrebbero diventare vincolanti». Anche per questo il Garante auspica che le amministrazioni comunali, nei bandi di concessione degli spazi pubblicitari, inseriscano il vincolo dell’adesione a queste forme di disciplina “evidentemente urgenti”. Il manifesto non è solo una «offesa al comune senso del pudore. Esiste una dignità della persona e di tutela del pudore in una società profondamente cambiata e non più aderente al codice così com’è stato scritto».
«Il manifesto commissionato dalle associazioni vegane viola palesemente i diritti umani», scrive Sestini. In particolare l’articolo 2 della Costituzione (la Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale ndr), «perché pur rappresentando una bambola, e quindi una cosa fittizia, l’immagine è talmente somigliante al reale che può indurre confusione. A maggior ragione è deprecabile il fatto che sia un bambino, da proteggere sopra ogni cosa». Tra l’altro questa campagna è, se possibile, ancora più scioccante di altre condotte con corpi di donne in stato particolare.
Intanto l’Ufficio del Garante ha già interessato l’Istituto di autodisciplina pubblicitaria (Iap). «Il cartellone – informa Sestini – è in palese violazione dell’art. 9 del codice di autodisciplina pubblicitaria che impegna a non riprodurre immagini oscene e che è rivolto non tanto a chi commissiona la campagna, quanto alla concessionaria che ha evidentemente accettato di utilizzare un’immagine di questo tipo. Ministero delle Pari Opportunità e Iap – ricorda infine Sestini – hanno siglato, appena il gennaio scorso, un protocollo di impegno per la tutela delle donne. Sarebbe auspicabile estenderlo alla salvaguardia dei minori».