GROSSETO – Una buona idea è come un seme, si sparge in fretta e fa germogliare altre buone piante. Così è il progetto “Indovina chi viene a cena?”: nato a Torino nel 2011, dopo poco più di un anno, sta conquistando tante altre città d’Italia. Un progetto non gastronomico ma di integrazione, che nasce dalla volontà di alcune famiglie migranti di aprire le proprie case per farsi conoscere.
L’iniziativa, promossa dalla Rete italiana di cultura popolare con il patrocinio del Ministero per la Cooperazione Internazionale e l’Integrazione, farà tappa a Grosseto sabato 23 febbraio, grazie alla collaborazione di Provincia e Comune capoluogo. Alcune famiglie di nuovi cittadini grossetani, provenienti dall’Uruguay, Argentina, Romania, Tunisia, Albania, sabato sera, apriranno le porte delle loro case per ospitare a cena un gruppo di persone interessate a conoscere la cultura, le tradizioni e la cucina del loro paese di origine.
Chi desidera provare questa esperienza deve iscriversi alla Rete italiana di Cultura popolare andando sul sito www.reteitalianaculturapopolare.org/it/ e versando un contributo simbolico di 10 euro. Una volta effettuata l’iscrizione è possibile prenotare per le cene contattando i riferimenti organizzativi. A Grosseto la referente è Raffaella Buccolini 329.2046818 raffaella.buccolini@tiscali.it
Non è possibile scegliere la cucina preferita: solo il giorno prima della cena si scopre quale sarà la destinazione, tutto a sorpresa. La famiglia migrante aprirà la porta della sua casa introducendo gli ospiti nel proprio mondo: cibo, profumi, suoni, ricordi, immagini di terre lontane e tradizioni familiari e sociali. Può capitare di ascoltare il racconto del viaggio per arrivare in Italia, di guardare le foto del matrimonio o le immagini delle famiglie lontane ma ci si può anche ritrovare a parlare dei bambini che vanno a scuola quasi insieme o della squadra del cuore, del proprio lavoro o dei progetti per il futuro. Ci si incontra per condividere una serata con piatti tradizionali, racconti e chiacchiere, come si farebbe andando a casa “di amici di amici”, che ancora non si conoscono, ma che, dal giorno dopo, forse saranno nuovi amici. In gioco c’è molto di più che una cena, c’è la possibilità di costruire vere politiche culturali dal basso, grazie all’incontro, all’offerta, al reciproco riconoscimento.