di Barbara Farnetani
GROSSETO – Aveva solo due anni quando ha visto per l’ultima volta suo padre, tanto da non averne memoria. Nel 1943 Pietro Mori, militare dell’esercito italiano, era ad Atene quando, dopo l’armistizio i fronti si rovesciarono e lui fu fatto prigioniero dai Tedeschi, fino ad allora alleati, caricato su un treno per un lungo viaggio, e deportato in Germania, a Limburg e da lì inviato nel lager 2 di Neuwied per essere utilizzato nella produzione bellica di un’azienda locale. Lì Mori è rimasto, lavorando, sino al 2 novembre del 44, quando è morto nell’ospedale S. Elizabeth per le ferite riportate in un incidente di lavoro. Alla sua memoria la Prefettura, come tradizione nel Giorno della Memoria, ha assegnato la medaglia d’onore. «Quello appena trascorso è stato un secolo in cui sono avvenute molte cose – ha detto il Prefetto Marco Valentini – un secolo di totalitarismo ma anche di persone che hanno vissuto sulla propria pelle la sofferenza individuale ma anche quella di una intera collettività. I luoghi di deportazione trasmettono, a distanza di decenni, quelle storie di sofferenza. Anche le cronache dei giorni d’oggi purtroppo ci parlano ancora di storie di disuguaglianza, persino sui campi di calcio, in gesti e simboli che credevamo superati.»
Valentini ha poi ricordato l’esempio del Questure di Fiume, morto a Dachau per aver organizzato una rete di protezione per gli Ebrei. «I ragazzi di oggi vivono una realtà complicata – prosegue il Prefetto – per l’incertezza del futuro per i cambiamenti in corso. Gli adulti devono riuscire ad aiutarli riempiendo la loro vita di valori e punti di riferimento attraverso l’esempio.»
«Sono tre i capisaldi contro cui lottare – afferma Sergio Martini, presidente del consiglio provinciale – nazionalismo intolleranza e razzismo. Anche a Grosseto ci sono sempre più extracomunitari, nostro dovere è accettare le loro differenze e tollerare gli atteggiamenti diversi dai nostri» Martini poi annuncia che il 21 febbraio, a Siloe, ci sarà un incontro con i rappresentanti religiosi di varie comunità. «L’orrore spesso nasce dalla banalità – afferma l’assessore al comune di Grosseto Giovanna Stellini – magari allo stadio, o a scuola, con gli atti di bullismo. L’orrore nasce quando non attribuiamo a chi ci sta accanto il valore di un essere umano, o un valore non pari al nostro. L’orrore nasce dalla mancanza di rispetto.»
Ha parlato invece di emozioni «da provare più spesso – il vicesindaco di Roccastrada Mario Straccali – per il domani e per il futuro i ragazzi hanno bisogno di esempi per costruire la propria vita. Come quello offerto dal nostro concittadino Pietro Mori»
Da alcuni anni il figlio di Pietro Mori, Francesco, cerca di ricostruire la sua vita dal momento della cattura a quello della morte. «Una ricerca difficile, ho imparato anche un po’ di tedesco per scrivere alle autorità locali che però sono state piuttosto restie, per qualcuno forse è ancora una ferita aperta. Molti preferiscono dimenticare. Molte persone sono morte, chi era con lui nel campo di prigionia.» Quanto alle circostanze della morte del padre Mori le conosce grazie al rapporto stilato da un infermiere italiano anche lui internato.«Due o tre anni fa, a Francoforte, ho trovato il cimitero in cui riposano i resti di mio padre – racconta il figlio – lì il governo italiano ha trasferito i resti dei suoi concittadini morti in Germania durante al guerra.»