FIRENZE – È lungo il viaggio sino ad Auschwitz, c’è il tempo per confrontarsi, per ascoltare le storie dei sopravvissuti, c’è tempo, per il presidente della Regione Enrico Rossi (nella foto a destra), per parlare con gli studenti, capire le loro emozioni e ringraziare soprattutto gli insegnanti per il lavoro fatto. A loro il compito di motivare e preparare i ragazzi.
Tra gli studenti sul treno toscano della memoria qualcuno ne approfitta per riposarsi. Molti leggono i libri che gli sono stati consegnati, con le biografie e i racconti dei testimoni sopravvissuti, compresi quelli sul treno toscano. C’è chi torna dalla carrozza 1 dove le sorelle Andra e Tatiana Bucci, le uniche bambine italiane sopravvissute ad Auschwitz, parlano senza sosta con tutti. È come se, alla luce delle loro sei esperienze precedenti sul treno della memoria toscano cui si aggiungono quelle con altre regioni e con le iniziative del governo, qualcosa le spingesse a concedersi ad ogni contatto, per testimoniare l’orrore vissuto e farne patrimonio di una memoria condivisa. «Eravamo così piccole quando ci hanno deportato – dicono – non ci era chiaro quello che ci stava succedendo e stavamo condividendo con gli altri internati». Oggi per loro testimoniare è un dovere, qualcosa che deve contribuire a far restare viva la memoria degli orrori pur nella convinzione, o meglio nella speranza, che non potranno ripetersi perlomeno in quella forma così terribile.
A poche poltrone di distanza dello stesso scompartimento, il regista Marian Marzynski, sopravvissuto al massacro e alla distruzione del Ghetto di Varsavia dopo un mese di rivolta nel ’43, autore del docufilm sulla sua infanzia nel ghetto che sarà proiettato domani pomeriggio a Cracovia per i viaggiatori del Treno, conversa con il presidente Rossi sull’esperienza per lui nuova del Treno della memoria; per la prossima edizione del 2015 pensa addirittura ad un film su questa iniziativa,e immagina già riprese sulla cerimonia al monumento internazionale di Birkenau da un elicottero.
La sua pellicola, che si intitola “Non dimenticare di mentire”, quasi un trattato di sopravvivenza, parla di quanto è rimasto del ghetto, pochissimo, e delle memorie in esso contenute che ha condiviso con altri sopravvissuti, allora bambini come lui. E’ un film recentissimo, dell’anno scorso, tanto quanto la sua decisione di affrontare il ricordo della sofferenza e delle perdite in prima persona, dopo aver girato tanto altro materiale storico e di denuncia sulla Shoah. Come se qualcosa sia in grado di richiamare ad un certo punto della vita la necessità di un confronto diretto con quanto vissuto così tragicamente; anche le sorelle Bucci riuscirono ad entrare nel museo di Auschwitz solo due anni fa, con i ragazzi toscani.