di Lorenzo Falconi
GROSSETO – Torna a casa Stefano Turchi, il centauro maremmano caduto quando era in testa alla Africa Eco Race, la corsa motociclistica a tappe della lunghezza di 5800 chilometri, da Saint-Cyprien a Dakar. Un sogno per molti motociclisti che per Turchi si è interrotto dopo le prime tappe dove aveva brillato, mettendo in mostra una grande condizione. Purtroppo la caduta a interrotto un sogno, ma in ogni caso l’importante è tornare a casa. La brutta caduta, la perdita di conoscenza, il ricovero in ospedale e l’operazione prima di rientrare a Grosseto. «Sono qui ancora mezzo rintronato, dopo il lunghissimo viaggio di rientro da Agadir, che faccio fatica a scrivere e che piango leggendo gli articoli usciti sui giornali nei giorni dell’incidente – racconta il motociclista grossetano -. Volevo rassicurare tutti sulle mie condizioni, dato che in tantissimi vi siete preoccupati e questo, vi posso garantire, mi è stato di grandissimo aiuto. Commozione cerebrale con perdita di coscienza, clavicola sinistra rotta, tre processi laterali delle vertebre lombari fratturati e dolori un po’ dappertutto, ma va bene così, sono qui a raccontarlo».
C’è un sospiro di sollievo quindi nelle parole di Turchi, al di là della delusione per una corsa terminata troppo presto: «la gara è stata breve, ma ho talmente tante cose, tante emozioni da raccontare, cose fantastiche e impensabili per un amatore come me che con tanti sacrifici e duro lavoro, mi sono trovato ad affrontare nei pochi giorni in cui ho gareggiato». Quanto alle condizioni fisiche attuali, gli acciacchi si fanno ancora sentire, ma come racconta il centauro maremmano, poteva andare molto peggio: «la testa mi gira ancora un bel po’ quando mi alzo e mi abbasso, ma passerà, alla clavicola mi hanno operato ad Agadir e spero che abbiano fatto un buon lavoro, domani ho la visita di controllo in ospedale a Grosseto, e tra 2 o 3 mesi, quando sarà consolidata la frattura, sarà possibile togliere il ferro che hanno inserito per stabilizzarla, mentre per le vertebre, altra cosa che fa sempre molta paura, sono stati interessati solo i processi laterali, e quindi, anche per questo c’è da tirare un sospiro di sollievo».
Preoccupazioni che nei giorni dell’incidente hanno interessato soprattutto la famiglia di Stefano Turchi: «l’ultimo pensiero è tutto per la mia famiglia, che tanto faccio soffrire e stare in pensiero, quando parto per le mie innumerevoli avventure. Immaginate poi quando capitano queste cose. Seppur nella difficoltà e nelle grandi preoccupazioni, una presenza sia materiale che morale insostituibile e senza la quale non potrei assolutamente fare quello che faccio. Grazie di cuore a tutti di essermi vicino».